sabato 19 dicembre 2009

Intervista a Papaconstantiou


Indimente segnala l'intervista del Financial Times al ministro dell'economia greco Georgios Papacostantinou,

venerdì 18 dicembre 2009

Ammortizzatori sociali.




Indimente segnala una questa presentazione sulla struttura degli ammotizzatori sociali in italia (link) a cura di quattrogatti.

giovedì 10 dicembre 2009

FOC - Flag of convenience

Il Giappone e la grecia dominano il trasporto marittimo sotto bandiere altrui

Piu' del 80% del commercio mondiale viaggia per nave. Il Giappone e la Grecia da soli coprono piu' del 30% del tonnellagio mondiale traportato ma raramente le loro navi sventolano bandiera nazionale, preferendo piuttosto "bandiere di comodo". Panama per il Giappone, e Malta e Cipro per la Grecia. Molte navi tedesche invece navigano sotto bandiera liberiana.
Sono solo 15 i paesi che detengono l' 80% delle navi da cargo, ed il tonnellaggio mondiale trasportato e' cresiuto del 6% nel 2008 con l'arrivo delle navi comprate prima della crisi.





























Tradotto da: The Economist. Leggi l' articolo originale.

Piu o meno tutti conoscono il concetto di bandiera di comodo. M quando ho letto questo articolo mi sono venute in mente due cose.
Primo ed ovvio, forse tanto ovvio da non essere venuto in mente a chi scrive. Basta uno sguardo al grafico per rendersi conto che molte piu tonnellate di merce sono trasportate sotto bandiere di comodo che sotto bandiere nazionali.
E secondo, Preche'? E la risposta e' abbastanza semplice. L'armatore risparmia sulle tasse, sul personale (in nero o non sindacalizato) e gode di controlli e standard di sicurezza ed ambientali molto piu laschi. Il paese di comodo guadagna e basta, tanto che paesi senza porto, come la Mongolia e la Bolivia hanno iniziato ad offrire bandiera. (leggete qui).
Chi ci perde? il resto del mondo. Navi sotto bandiere di comodo sono note per la poco e mala manutenzione - pensate alle petroliere - per pescare di frodo in acque territoriali di paesi senza guardia costiera, trasportare merci illegali etc etc, insomma per fare tutto cio' che uno farebbe con controlli molto laschi.

lunedì 7 dicembre 2009

Il nostro Premier preferito

L' Economist e' noto per prendere posizioni forti e difenderle in maniera costante e razionale. Indimente traduce l'ultimo atricolo dell' Economist su Berlusconi intitolato:

Our Favourire Prime Minister
Time to say Addio

E' stata una setiimana difficile per Silvio Berlusconi, anche secondo i suoi standard. Un tribunale ha richiesto la sua presenza in aula riguardo una grossa multa alla sua societa' Fininvest per l'aquisto della Mondadori. Sua moglie, Veronica, e' in caccia di un maxi compenso nel processo per il divorzio. Il suo processo per corruzione del avvocato inglese David Mills e' stato riesumato dopo l'abolizione della legge sulla sua immunita'. Girano nuove accuse riguardo vecchie connessioni mafiosi. Roma ospitara' questo finesettimana il "No Berlusconi Day". Mr Berlusconi, maestro in sopravvivenza politica, sembra comiciare ad essere in difficolta'.

L'opinione dell'Economist su Mr Berlusconi e' rimasta immutata negli anni. L'Economist ha criticato il suo debutto politico nel 1993 - 94, ha consigliato agli italiani di dire "Bssta!" al governo Berlusconi nel 2006 e li ha spinti a sostenere il suo oppositore di centro-sinistra a marzo del 2008. Nonostante cio', l'Economist e' rimasto cautamente in disparte rispetto al vasto numero di scandali a fondo sessuale che hanno sommerso il Premier 73-enne quest'anno. L'Economist preferisce giudicare Berlusconi in base a due criteri piu concreti:
(i) il conflitto di interessi tra i suoi impegni politici ed i suoi affari personali, e (ii) la performance del suo governo.

Lo svolgersi degli eventi della settimana scorsa ha messo in pessima luce il primo: la ripresa
di vari processi aventi lui o suoi associati come parti in causa, oltre ad una serie di problemi finanziari e legali, stanno distraendo lui ed il suo governo dalle loro responsabilita' con danni visibili.

La crisi finanziaria ha spostato il focus dell'attenzione dai probelmi economici di cui l'Itlaia soffre all'emergenza di paesi come la Grecia. Tuttavia, nonostante la rigogliosa crescita delle piccole industrie del nord, il paese intero sta rimanendo seriamente indietro. Tra Settembre 2008 e Settembre 2009 la riduzione del PIL e stata maggiore rispetto alla media europea e
le proiezioni indicano un crollo del 5% a chiusura del 2009. Un crollo pari a qualunque altro grande stato europeo.

La risposta del governo Berlusconi alla crisi e' stata lenta in maniera allarmante. Il premier ha negato a lungo la possibilita' che l'Italia cadesse in recessione ed ha usato il povero stato delle finanze italiane come scusa per le ridotte dimensioni dello stimolo fiscale in italia rispetto ad altri grandi paesi. Al cntrario di altri piu' coraggiosi leader politici, non ha promosso le riforme economiche necessarie a rilanciare l'economia del paese che e' crollata nettamente rispetto alla Germania. L'Italia e' un paese che rimane eccessivamente regolato e si presenta male nelle graduatorie internazionali rispetto alla facilita di fare affari e negli indici internazionali sulla corruzione e di investimenti nell'istruzione e nella ricerca.

Nel suo terzo governo Mr Berlusconi ha messo in atto una politica estera eccentrica e disallineata con quella degli alleati occidentali. Si e' avvicinato a alla russia di Putin ed alla Libia di Gheddafi seguendo interessi energetici itlaiani (e questa settimana e' andato in Bielorussia a farsi amico un'altro dittatore, Alyaksandr Lukashenka). Sotto il governo Berlusconi, in somma, l'Italia continua a tirare colpi bassi all'Unione Europea ed al resto del mondo.

Vai Silvio, vai
In parte grazie alle sue macchinazioni, non emerge un chiaro sucessore nel caso Berlusconi cadesse. Alcuni fedeli preferiscono rimanere al suo fianco sostenendo che l'alternativa sarebe il caos. Tuttavia l'Italia disponi di alcuni potenziali leader: Gianfranco Fini, nel suo partito, ha apertamente cercato di far cadere Mr Berlusconi; Pier Ferdinando Casini, al centro,
che si e' tenuto a dovuta distanza dal terzo governo Berlusconi; e perfino il nuovo leader di centro sinistra, Pierluigi Bersani, che ha spinto le riforme sotto il governo Prodi.

Dovesse Berlusconi cadere e' certo che uno di loro si farebe avanti. Chiunque esso sia, potrebbe addirittura portare a termine la trasformazione del paese che Berlusconi interruppe scendendo in campo negli anni 90.
L'Italia si troverebbe in una situazione molto migliore se il cavaliere ora cavalcasse fouro di scena.

Traduzione Indimente da The Economist.
Testo Originale.

venerdì 20 novembre 2009

Il diritto di leggere


Richard Stallman . è uno dei padri fondatori del pensiero del software libero. Una decina di anni fa scrisse questa piccola storiella per fa capire il senso di una battaglia per la condivisione gratuita del sapere. La traduzione, parzialmente fatta da Indimente, vuole essere un incipit per approfondire, regolarmente, vari aspetti di questo tema.

"Per Dan Halbert la strada per Tycho iniziò in college, quando Lissa Lenz gli chiese in prestito il computer. Il suo si era rotto e, se non fosse riuscita a trovarne un altro, avrebbe sicuramente mancato la scadenza per il suo progetto. Non c'era nessuno al quale avrebbe osato chiedere questo, tranne Dan. Questa richiesta creò a Dan un forte dilemma. Doveva aiutarla - ma se le avesse prestato il suo computer, lei avrebbe potuto leggere i suoi libri. Apparte il fatto che si può andare in prigione per molti anni per una cosa del genere, la stessa idea lo straniva. Come a tutti gli era stato insegnato che condividere libri era peccaminoso e sbagliato - qualcosa che solo i pirati avrebbero fatto. Non c'erano neanche troppi dubbi sul fatto che la SPA - Software Protection Authority - li avrebbe intercettati e catturati. Nella sua classe di programmazione Dan aveva imparato che ogni libro aveva un software spia che segnalava alla Central Licensing dove e quando questo veniva letto, e da chi. ( Queste informazioni venivano usate per catturare i pirati, ma anche per vendere alle grandi compagnie le informazioni sugli interessi di ogni singolo lettore). Appena il suo computer si fosse connesso alla rete, la Central Licensing l'avrebbe scoperto e l'avrebbe punito, come proprietario del computer, per non aver fatto di tutto per evitare il crimine. Ovviamente Lissa non voleva necessariamente leggere i suoi libri. Probabilmente voleva davvero il computere solo per scrivere la sua relazione. Ma Dan sapeva che lei veniva da una famiglia della middle-class e che poteva a malapena permettersi le lezioni e le percentuali da pagare per ogni lettura. Capiva perfettamente la situazione; lui stesso aveva dovuto accedere ad un prestito per pagare tutti gli studi di ricerca che aveva letto. ( Il dieci per cento di queste royalties andavi agli autori; poichè Dan mirava ad una carriera accademica, poteva sperare di poter ripagare il prestito con i diritti derivanti dagli studi che avrebbe pubblicato, se fossero stati frequentamente citati). Più in la nel tempo Dan avrebbe imparato che c'era un'epoca nella quale chiunque poteva andare in biblioteca e leggere articoli di giornale, addirittura libri, senza pagare. C'erano professori indipendenti che leggevano migliaia di pagine senza dover accedere ai fondi di sostegno del governo. Ma negli anni novanta sia i giornali commerciali che quelli non-profit hanno iniziato a richiedere una piccola tariffa per essere letti nelle biblioteche. Nel 2047 le librerie che offrivano letture gratis erano già una flebile memoria.
In seguito Dan avrebbe appreso che c’era stato un periodo in cui chiunque poteva disporre di
programmi di debugging. Ce n’erano persino di gratuiti, disponibili su CD o scaricabili da Internet.Ma gli utenti comuni avevano iniziato ad usarli per bypassare i dispositivi di controllo sul copyright, e, alla fine, un giudice aveva decretato che quello era diventato il loro utilizzo primario.
Di conseguenza erano illegali, e i creatori di debuggers vennero incarcerati. Naturalmente i programmatori avevano ancora bisogno di debuggers, ma i venditori distribuivano solo copie numerate, e solo a programmatori ufficialmente autorizzati e registrati. Il debugger usato da Dan durante il corso di software era protetto da un firewall, per far sì che potesse essere utilizzato solo per le esercitazioni inerenti al corso. Era anche possibile bypassare i codici di controllo sul copyright installando un sistema operativo modificato. Col tempo, Dan avrebbe potuto scoprire qualcosa sui sistemi operativi gratuiti – c’erano anche sistemi operativi completi gratuiti – che erano esistiti attorno alla fine del secolo precedente. Però non solo erano illegali come i debuggers, ma, anche avendone uno a disposizione, non avrebbe potuto essere installato senza conoscere la password della directory principale del computer. E tale password non sarebbe stata comunicata né dall’FBI né dal Support di Microsoft. Dan concluse che non poteva prestare il computer a Lissa a cuor leggero. Ma non poteva rifiutarsi di aiutarla, perché era innamorato di lei. Ogni istante che poteva trascorrere con lei lo riempiva di gioia. Ed il fatto che lei avesse deciso di chiedere il suo aiuto poteva significare che il suo amore era ricambiato. Risolse il dilemma in una maniera quasi incredibile; le prestò il computer comunicandole la password. Così, se Lissa avesse letto i suoi libri, La Central Licensing avrebbe creduto che li stesse leggendo lui. Era sempre un reato, ma la SPA non l’avrebbe necessariamente scoperto. L’avrebbero scoperto solo se Lissa l’avesse denunciato. Naturalmente, se qualcuno all’università fosse venuto a sapere che aveva fornito la password a Lissa, la loro carriera scolastica si sarebbe trovata ad affrontare infinite difficoltà, indipendentemente dall’uso che Lissa ne aveva fatto. Secondo le regole dell’università, ogni contravvenzione alle regole stabilite per il controllo degli studenti costituiva motivo di azione disciplinare. Non importava aver arrecato dei danni all’università; il loro reato avrebbe fornito alla direzione un pretesto per indagare su di loro. Si sarebbe dato per scontato che stessero facendo qualcos’altro di proibito, e non sarebbe stato necessario sapere che cosa. In genere gli studenti non venivano espulsi per questo; non direttamente, almeno. Venivano invece esclusi dai sistemi informatici dell’università, e, inevitabilmente, non avrebbero superato gli esami. Dan avrebbe appreso, in seguito, che quel genere di politica universitaria aveva preso avvio solo negli anni ’80, quando la gran parte degli studenti universitari aveva iniziato a servirsi dei computer. In precedenza, le università avevano un atteggiamento differente verso la disciplina degli studenti; si punivano solo le attività che arrecavano danni, e non quelle considerate solo sospette. Lissa non denunciò Dan alla SPA. La sua decisone di aiutarla li portò al matrimonio, e li portò anche ad interrogarsi su ciò che era stato loro insegnato, fin da quando erano bambini, sulla pirateria. La coppia cominciò ad informarsi sulla storia del copyright, sull’Unione Sovietica e sulle sue restrizioni sulla diffusione di documenti ed anche sulla prima costituzione degli Stati Uniti. Si trasferirono a Luna, dove trovarono altri che, in vari modi, cercavano di sottrarsi alla lunga mano della SPA. Allo scoppio della Rivolta di Tycho, nel 2062, il diritto universale alla lettura ne divenne presto uno dei punti focali."

© 1996 Richard Stallman. La copia testuale e la traduzione di questo articolo nella sua totalità sono permesse, con qualsiasi mezzo, a condizione che venga citata la presente nota.

mercoledì 11 novembre 2009

Parnassus - l'uomo che voleva ingannare il diavolo

Un film di fantasia che attraverso l’utilizzo della magia (anche quella nera), racconta la favola più antica che conosciamo:
La storia eterna – Dio - il peccato - l’ascesa di Gesù tra i mortali- le genesi - la redenzione, il libero arbitrio - il riscatto e il Panta Rei che Eraclito ben declamava più di duemila anni fa.
Non è perciò difficile identificare Parnassus con un ipotetico Gesù (in chiave romanzata). Il nostro protagonista (nelle vesti di un Santone, di uno Stregone) si trova a stringere un patto con il Diavolo (Tom Waits), pur di avere la vita eterna, ignaro del fatto che la società sarebbe cambiata e che i suoi più di mille anni di esperienza l’avrebbero fatto sentire inadeguato più che preparato.
Un Dio sceso in terra che è stato reso umano fino al midollo, tant’è che come tutti gli esseri umani è vittima della tentazione, delle scelte, del gioco, quel gioco che lo rende schiavo di una vita contrassegnata da scommesse con il demonio alias Mr Nick.
La più importante/difficile di tutte lo porta a chiedere di tornare agli occhi del mondo giovane, solo per poter conquistare l’amore di una donna.
Il prezzo da pagare, però, è alto perché qualsiasi figlio fosse nato da quell’unione sarebbe diventato di proprietà del diavolo al compimento del sedicesimo anno di vita.
Quando ormai sembrava salvo da tale privazione , sua moglie resta incinta alla veneranda età di sessant’anni e muore durante il parto.

Il film ha inizio agli sgoccioli di tale scommessa quando Valentina (sua figlia ) è in procinto di tagliare il traguardo del suo sedicesimo anno.
Il Diavolo sembra volerlo sfidare nuovamente, e riprendendo il concetto dei grandi autori Tedeschi e Russi dell’Ottocento ( Goethe - Dostoevskij) e del Novecento ( Bulgakov), il bene e il male appaiono non come due principi etici ma come due elementi ontologici, dove senza l’uno non potrebbe mai esistere l’altro.
Ultima ed importantissima sfida, che vale la libertà di Valentina, sta nella vittoria di chi per primo tra il Diavolo e Parnassus riuscirà ad ingraziarsi cinque anime, non a caso la quinta anima non riuscirà ad essere redenta, altrimenti finirebbe il loro gioco, la loro ciclicità nel possibile sbaglio e nell’eventuale perdono.
Per assurdo Valentina sarà liberata comunque da Mr Nick (proprio per evidenziare che non sempre il male viene per nuocere).

Parnassus è il capo della compagnia teatrale “ Imaginarium” e mediante il suo spettacolo cerca di attrarre adepti al suo focolare, i quali grazie all’attraversamento di uno specchio che fa da ponte tra il mondo visibile e quello invisibile, si trovano a vivere, anche se per breve tempo, nella loro fantasia, nella loro più intima immaginazione.
Il prezzo per tale esperienza è a sottoscrizione ma ogni anima che entra a contatto con la grande opportunità che offre Parnassus (C. Plummer) ne esce così provata da sentire l’esigenza di liberarsi da ogni tipo di materialità che appartiene alla società moderna.
L’acquisto apparentemente fortuito di Tony Shepherd (che non a caso significa pastore) in questa sgangherata compagnia si rivela poi ostile, incorporando in realtà le vesti di un moderno Giuda dai mille volti (Ledger, Depp,Law, Farrell).
Il nostro Tony è intepretato da una ottima e purtroppo ultima performance di Heath Ledger, prematuramente scomparso, al quale sono venuti in ausilio degni colleghi/amici, quali Jonny Depp con un ruolo breve seppur notevole che quasi si confonde con l’attore originario per fisionomia; un secondo intervento è di Jude Law che non smentisce le già consacrate capacità interpretative allontanandosi comunque dai colori di Ledger, essendo lui per natura biondo e con gli occhi azzurri, ben distante perciò dall’assomigliare al Tony aldilà dello specchio (ma si sa ogni uomo ha mille facce e perché no..anche belle!?!).
Ed infine “last but not least” un Colin Farrell che copre forse il ruolo più ampio rispetto ai due Shepherd che prendono vita nel mondo dell’immaginazione. Farrell ci rivela il nostro personaggio per quello che è: un traditore! Come appunto lo è stato Giuda nei confronti di Gesù, anche se tecnicamente è stato Gesù ad aver tradito Giuda.
E’ necessario precisare che il tradimento di Giuda è una necessita prevista da Dio e che suo figlio deve accettare per redimere l'umanità nonostante fossero stati grandi amici; tornando al film non manca infatti la citazone di un Tony/Giuda che chiede spiegazioni : “Perché? Io ero tuo amico,come hai potuto tradirmi? Dopo quello che c'è stato tra noi”.
Tale frase,vorrà dire qualcosa o semplicemente rivela che Tony è un doppiogiochista? Sembrerebbe comunque presente un turbamento sincero e quando Tony spiega a Parnassus che Mr Nick non può cedergli la quinta anima perché essa è il premio della loro scommessa, è perfettamente consapevole del meccanismo escatologico in cui è un attore (nel senso etimologico: ha parte attiva), quindi le sue parole potrebbero portare a una riflessione? Forse si, forse no.

La storia asserisce un’ipotetica conclusione con la scelta di Valentina di staccarsi/liberarsi dall’eterno gioco-pericolo di Parnassus e di tornare alla vita vera, quella idealizzata fin dalla sua infanzia, ci riesce anche grazie alla costante presenza e all’amore di Anton (quest’ultimo contraddistinto iconograficamente nel film con due ali poste dietro la schiena..sarà un angelo? Un messaggero di Dio presso gli uomini?)

Percy (il nanetto che accompagna Parnassus), se continuassimo a cercare richiami simbolici e - perché no? - religiosi, si potrebbe identificare nel nostro Dio che in questa favola magica cerca fino alla fine di vigilare sul perseverante peccatore Parnassus che da sempre e forse per sempre cadrà nella tentazione e sarà vittima del vizio del gioco.
Lo stesso Parnassus ci dice che se Percy non ci fosse stato probabilmente si sarebbe lasciato accompagnare da un nanetto.
Ci verrebbe allora da chiederci:” perché non è proprio così che avviene?” , la risposta è piuttosto semplice: assolutamente no se aprendo i nostri orizzonti mettiamo in antitesi l’evidente piccola statura fisica di Percy (legata comunque al mondo terreno) con la sua notevole grandezza d’animo che appartiene invece a un mondo più spirituale, dove non conta come sei ma chi sei.
Ma "la storia eterna" è ontologicamente eterna; ergo..."sul finale non possiamo garantire” come dice il DIONANETTO quando insieme a Parnassus tornano a raccontare attraverso un gioco di cartone il loro spettacolo teatrale senza fine e Parnassus sembra nuovamente attratto da una nuovo possibile patto con Mr Nick, ma lo schiaffetto inflittogli da Percy la dice lunga su chi dei due ha l’ultima parola.


Martina Venanzi


domenica 1 novembre 2009

"Another dead hero"

Comedysubs è un gruppo di persone che si dedicano per diletto alla traduzione di monologhi di comici stranieri. Gran parte del loro lavoro è presente su Youtube, ma dal loro sito si possono scaricare per intero gli spettacoli tradotti.
Con questo post voglio segnalarvi Sane Man, primo spettacolo pubblicato in video del comico statunitense Bill Hicks: potete scaricarlo da QUI.
Bill Hicks, scomparso nel '94, divenne particolarmente famoso nei primi anni '90 grazie alla sua comicità sarcastica, senza peli sulla lingua, senza nessun limite nei toni e nei contenuti.
In Sane Man lo troviamo alle prese con gli argomenti a lui più cari: sesso, pornografia, fumo, droga e musica. Al di là delle divertentissime volgarità con cui infarcisce i propri monologhi e prende in giro le ipocrisie dell'uomo, Bill Hicks traccia un serissimo e pessimistico ritratto sociale e politico dell'America e della società occidentale, attuale ancora oggi anche a distanza di venti anni.

mercoledì 28 ottobre 2009

VAZZANIKKI HALLOWEEN ROCKIN' PARTY


Sabato 31 Ottobre 2009

H 22:00

@ Hold'em - Via delle Cave 59 - Metro Furio Camillo

Vazzanikki halloween rockin' party

Concerto rock'n'roll e rock-a-billy e proiezioni splatter e b-movies

Ingresso 8 euro consumazione inclusa



Essiateci!

lunedì 26 ottobre 2009

Food for thought





























preso da qui.

mercoledì 30 settembre 2009

L'era del Moroz


La prima volta che ho letto il nome di Gianluca Morozzi è stato in un fumetto. E se devo essere onesto nemmeno l’avevo comprato per il suo nome in copertina, ma per quello dei due disegnatori che avevo apprezzato in passato: Camuncoli e Petrucci.
Quel volume (Il vangelo del coyote edito da Guanda) è stata una delle migliori letture fumettistiche di quell’anno.
Morozzi non è l’ennesimo scrittore prestato al fumetto solo perché va di moda il graphic novel, ma un appassionato lettore che conosce bene il mezzo.
Non è infatti un caso che il suo primo romanzo abbia come dedica "A Peter Parker, amico d’infanzia, maestro di vita".
Pur essendo in attività da pochi anni, oltre a fumetti, libri, copertine di Wired, Morozzi ha anche una sua biografia personale.
Dell’ingrato compito si è occupato Carmine Brancaccio, che ha scritto L’era del Moroz, prima biografia dello scrittore bolognese, pubblicata da Zikkurat Edizioni.
La prima cosa che salta agli occhi leggendo L’era del Moroz è che Brancaccio conosce bene il modo di scrivere di Morozzi e il tutto sembra quasi una autobiografia.
Un’ottima idea visto che rende la lettura molto scorrevole, cosa rara per questo genere di libro che tipicamente può risultare noioso e didascalico.
Il libro è diviso principalmente in due sezioni.
Nella prima, quella prettamente biografica, è ripercorsa la vita dello scrittore e il racconto è arricchito con aneddoti vari.
L’altra parte è dedicata ad interviste e colloqui veri o presunti. Abbiamo quindi dialoghi tra Brancaccio e Morozzi, ma anche una divertente, surreale e ovviamente inventata chiacchierata con David Lynch che scopriamo avere una mezza idea di trarre un film dal Vangelo del coyote.
A tutto questo vanno aggiunte due chicche che rendono il volume più appetibile.
Un racconto pubblicato su una antologia che poi ha portato alla nascita proprio del Vangelo del coyote ed un racconto inedito pubblicato qui per la prima volta.
Nulla di eclatante, sicuramente non il miglior Morozzi, ma comunque una lettura gradevole.
A concludere il volume troviamo recensioni tratte da vari giornali.
L’unica cosa che stona in un volume comunque apprezzabile e che si legge tutto d’un fiato, è l’inserimento di un racconto di Brancaccio che mi è sembrato un po’ forzato e che non c’entra nulla con il resto. Ma si tratta solo di tre pagine e quindi è un peccato veniale.
In definitiva L’era del Moroz è un libro che piacerà di sicuro a chi conosce già Morozzi e che aiuterà a conoscere meglio il personaggio e capire le sue tematiche.
Tutti gli altri vadano in libreria e prendano un volume a caso dell’autore bolognese.
Scopriranno una delle voci più originali della letteratura italiana.

Marco

venerdì 25 settembre 2009

MAGLIANA SFOLLATA



La scuola "8 Marzo", nel quartiere della Magliana, era un esempio di auto-organizzazione abitativa di un gruppo di famiglia che, per ragioni differenti, si sono trovate negli ultimi anni senza casa. Prima di essere risistemata e riqualificata dal comitato degli occupanti, la scuola "8 marzo" era un edificio abbandonato alla rovina ed al degrado, una "free-zone" pattugliata solo dalla polizia mortuaria, che periodicamente veniva a raccogliere i cadaveri di ragazzi morti per overdose.
Gli abitanti delle case vicine non si avvicinavano, i carabinieri non entravano, e così il degrado affliggeva sempre più un quartiere, storicamente popolare, non nuovo ad emergenze abitative.

Poi, qualche tempo fa, un comitato di famiglie, venute da varie terribili esperienze di sfratti, da precedenti occupazione, o più semplicemente dalla strada, hanno deciso di entrare in quel luogo e di farne, temporaneamente, la propria casa.
L'hanno fatto con la diffidenza iniziale degli abitanti limitrofi e con il silenzio arcigno delle istituzioni di quartiere. Condizioni ostili che però nel tempo si sono dissolte difronte all'incredibile risultato di quella comune di persone tanto disperate quanto creative e generose. In breve tempo dalle stanze abbandonate sono sorti piccoli appartamenti, i bagni sono stati ripuliti e fatti rifunzionare, i muri ridipinti, i magazzini risistemati, sono stati creati un teatro, una palestra, campi sportivi. La diffidenza degli abitanti si è trasformata in un apertura timida, poi in una partecipazione ed in una condivisione del dolore e della precarietà senza precedenti.

Un'esperienza in reltà non unica a Roma, dove tantissimi palazzi pubblici dismessi sono stati riadattati e riqualificati, a spese degli occupanti, in realtà abitative capaci di ospitare per mesi, per anni, famiglie la quale unica alternativa era la strada. Non si occupava case private, appartamenti di anziani defunti, ma semplicemente palazzi pubblici inutilizzati, che nel tempo sarebbero divenuti scheletri degradanti.

Ma tutto questo si scontra contro la politica abitativa del comune che, con questa e con la precedente amministrazione, ha mantenuto intatti le direttive base: solo case private.
Roma, lo si sa da sempre, è in mano ai palazzinari. L'esperienza dell'edilizia pubblica è marginale, irrilevante, recentemente inesistente. E' così e così deve rimanere.
La scuola "8 Marzo" è stata recentemente sgomberata. Le famiglie sono state cacciate, i mini appartamenti distrutti. Il Messaggero, giornale del costruttore romano Caltagirone, aveva da tempo iniziato una battaglia contro le presunte infiltrazioni criminali della zona. Campagne basate sul "si dice", su fonti indirette, mai confermate. Nessun giornalista della redazione è mai andato lì, mai intervistato le persone che in quella scuola avevano trovato un rifugio. Gli unici giornalisti che erano andati lì erano quelli di Report, nella puntata "Male Comune" che parlava appunto dell'emergenza abitativa romana.

La campagna martellante del Messaggero non si è fermata fino al 15 Settembre scorso, quando i Carabinieri, alle 4:30 del mattino sono entrati ed hanno chiuso tutto, scacciato le famiglie, distrutto il lavoro di anni. Ventuno occupanti sono stati arrestati con l'accusa di associazione a delinquere, gli arresti sono stati recentemente confermati. Il Messaggero ha recentemente scritto che bisognava pagare un pizzo di 150 euro per abitare lì dentro. Nessuna conferma dagli abitanti o dagli occupanti.

Un operazione di tale entità può provenire solo da un ordine esplicito del Campidoglio. Il sindaco Alemanno, nella ventata di novità che doveva portare, non ha incluso nel suo progetto l'edilizia pubblica. Pochi soldi, visto il lavoro già fatto, sarebbero stati spesi se il comune si fosse mosso per legittimare è stabilizzare quel lavoro già fatto, aprendo una nuova importante strada per la soluzione del problema abitativo.

Si è scelto la mano della legalità dura. Dei picconi. Della smobilitazione.
Chi vince è sempre Caltagirone, i palazzinari spietati, che incontrastati dalla mano pubblica sono l'unica, costosissima, salvezza per chi si è visto sfrattare dopo i mutui impazziti degli ultimi anni. E per chi non ce la fa a farsi accendere un mutuo, deve garantire con i lavori precari magari dei figli, o dei parenti, quando è possibile.

Altrimenti, senza case pubbliche e mutui sociali, restano gli argini del Tevere ed i
marciapiedi.

mercoledì 23 settembre 2009

IL FATTO QUOTIDIANO


Come molti, ma non tutti, sapranno, oggi avrà il battesimo dell'edicola il nuovo giornale di Antonio Padellaro "Il fatto quotidiano"

Lo vogliamo celebrare, ed augurare buona fortuna alla redazione, non tanto per la forza dei contenuti che vorra proporrà, che viste le firme ( Travaglio e Peter Gomes tra gli atri) possiamo ben prevedere, ma una volta tanto per la forma.

"Il fatto quotidiano" è un giornale che non avrà padroni, essendo nato come un idea di cooperativa tra piccoli soci, compresi gli stessi giornalisti, che hanno quote uguali e che possono godere di un autonomia redazionale sicuramente nuova nell'Italia delle rotative.

Non solo, "Il fatto quotidiano" è un giornale che non ha chiesto, ne chiederà, secondo statuto, finanziamenti allo Stato, ma sopravviverà solo se piacerà ai lettori, se riuscirà a stabilizzarsi in un mercato che è dominato dagli aiuti dei contribuenti.

Una strada nuova. Una strada della quale la nostra informazione aveva bisogno.

Buona fortuna, davvero...


lunedì 21 settembre 2009

VIA ALLO SGOMBERO DEL CASILINO 900

Riportiamo un articolo apparso oggi su PeaceReporter, relativo allo sgombero del campo nomadi del Casilino 900, il campo nomade più grande d'Italia.
In questo video, curato dall'agenzia AMI, si possono osservare le condizioni di vita di circa 800 persone e le tante contraddizioni e responsabilità che porteranno allo smantellamento di questa comunità.

"Alla fine la notizia è arrivata. La decisione che da trent'anni pendeva sulla testa del Casilino 900, il più grande campo rom d'Italia e forse d'Europa, è stata comunicata dall'Assessore Belviso e dal Prefetto Pecoraro. Il campo verrà chiuso, un mese per fare le valigie. Il capo della comunità bosniaca del Casilino, Najo Adzovic, spiega che la minaccia di chiudere il campo è sempre stata avanzata da tutte le amministrazioni, ma la certezza che sarebbe successo è arrivata con l'amministrazione Alemanno. Negli ultimi mesi le visite al campo da parte di enti comunali si erano moltiplicate: a fine giugno era stata rinforzata la rete idrica, poi la croce rossa e lo stesso Alemanno, accolto col sorriso dagli abitanti in un clima di festa. Sembra strano da capire, ma chi mi ha raccontato l'episodio dice che a loro importava solo che addirittura il sindaco di stava interessando di loro!problemi, ci preoccupa solo sapere come verranno ricollocati i nostri figli nelle scuole. Non bisogna dimenticare che duecentoventi bambini sono inseriti negli istituti del XII municipio. Il rapporto con maestre e compagni è consolidato. Un bambino abituato a un ambiente a un certo punto diventa nomade e deve ricominciare da capo. Bisogna capire se ci sarà la volontà e la possibilità di accettare i nostri figli in altre scuole”.

Najo vive nel campo da sempre, la maggior parte dei

Alessandra Quadri - Famiglia, Casilino 900

Foto di Alessandra Quadri: Famiglia, Casilino 900
bambini è nata e cresciuta qui. Ciononostante, dissolvere questa comunità non ha creato alcun problema: il fatto che molte case siano soltanto roulottes con qualche lamiera intorno ha autorizzato a pensare che chi vi abita sia un nomade, qualcuno per cui spostarsi è la normalità.
In ogni caso, i moduli per il censimento sono stati consegnati: bisogna riempirli con i dati relativi a ogni gruppo familiare. Numero, situazione giuridica, nazionalità e permesso di soggiorno: naturalmente tanti non ce l'hanno e bisogna capire che cosa comporta dichiararlo: l'espulsione? Ma i tempi sono stretti e la seconda fase crea problemi anche maggiori: entro il 21 ottobre la metà degli abitanti del campo dovrà sgomberare. Chi resterà, chi partirà e dove dovranno andare però non è stato detto: “La decisione è stata lasciata agli abitanti. Saranno sempre gli abitanti a indicare il campo dove intendono trasferirsi” e, continua Najo, “trovare posto non è facile perché non bisogna dimenticare che gli altri campi autorizzati, che non sono nuovi, contengono gia 7-800 persone. Metterne altre 400 in questa prima fase e i restanti entro il 2010 li fa diventare dei mega - accampamenti come questo. Ma almeno qui lo spazio c'é”. A quanto ne sa lui c'è “un piano di riqualificazione ma non conosciamo il suo contenuto. So solo che qui intorno ci sono più di cento depositi di sfasciacarrozze che veramente da un punto di vista ecologico fanno schifo. Invece di eliminare questa situazione smantellano il Casilino 900 e la sua comunità”.

Il campo sorge per buona parte sul suolo pubblico del Parco del Casilino e tutto fa pensare che vi verrà inglobato: anche i nuovi collegamenti idrici, tanto plauditi dai rom a giugno come regalo di Alemanno, sono in realtà progettate per diventare il futuro sistema di irrigazione del parco. Nel campo sono presenti quattro etnie: Kosovari, Macedoni. Bosniaci e Montenegrini. Saranno le prime due a lasciare il campo per prime per trasferirsi al campo di Via di Salone. L'amministrazione ha promesso di raddoppiare quel campo ma per ora sono state solo aumentate le misure di sicurezza. Najo sperava che fosse concesso alla sua comunità l'accesso alle case popolari: una nota del Comune ha però specificato che la possibilità non esiste. Najo però non dispera e mi racconta di quanta gente si interessi alla sua comunità: “Siamo in contatto con le università romane, con diversi architetti, professori, studenti, liberi cittadini che ci danno continuamente il loro appoggio. Soprattutto poi c'è Don Paolo, del pontificio seminario romano maggiore, che ormai è diventato un nostro punto di riferimento”.

mercoledì 29 luglio 2009

La sicurezza e le parole

Da qualche giorno i cittadini italiani hanno il loro “pacchetto sicurezza”. Nella pagina web del Senato ci sono tutte le informazioni del caso. Il nome ufficiale del decreto legge è "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica", e già da qui bisogna iniziare a ragionare. La scelta delle parole non è mai neutra: le questioni fondamentali che riguardano la vita quotidiana dei migranti vengono determinate all'interno di un decreto che si occupa della sicurezza dei cittadini. Come se, necessariamente, questi uomini, donne e bambini rappresentassero una minaccia per la sicurezza del Paese.

Oltre alle questioni dell'immigrazione, nel decreto si affrontano cose come "Assegnazione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali mafiose" e "Contrasto nell'impiego dei minori nell'accattonaggio". Per capirci, è come se cercando la ricetta della carbonara, andassimo a finire tra gli effetti collaterali del cortisone. Ci verrebbe qualche dubbio sulla bontà del piatto romano, non credete?

Quindi anche senza stare a guardare i contenuti, già il modo in cui il governo ha presentato il decreto legge la dice lunga. Si prende un gruppo di persone, identificate in base ad una caratteristica
arbitraria (non appartenenza alla nazionalità italiana) e lo si associa alle problematiche della sicurezza. E' una semplificazione che, se viene da un cittadino qualsiasi, è già discutibile; se proviene invece dalle istituzioni, è allarmante.

Si pensi ad uno dei passaggi più pubblicizzati del decreto: l'introduzione del cosiddetto “reato di clandestinità”. Questo è un brano tratto da un articolo di Gad Lerner, reperibile qui:

Nella loro grande maggioranza gli stranieri irregolari presenti sul territorio italiano sono persone entrate senza violare la legge. Arrivate col treno e con l’aereo, mostrando il passaporto, mica sui gommoni o nascoste nel rimorchio dei Tir. Lo so perché in quella situazione mi ritrovai più di una volta anch’io, da apolide, quando mi scadeva il permesso di soggiorno e le tortuosità burocratiche mi impedivano di rinnovarlo in tempo. Ricadevo nell’irregolarità, insieme a molte altre persone che cercavano di farsi riconoscere il diritto al soggiorno, sbattendo su ostacoli spesso insormontabili. Dunque se l’Italia è il paese europeo con la più alta percentuale di “clandestini” (come li chiama la propaganda di regime per renderveli odiosi), ciò non deriva dal fatto che ha le frontiere “colabrodo” molto più degli altri. La geografia conta, ma conta molto di più il fatto che gli altri paesi europei hanno un’economia solo in minima parte sommersa; e di conseguenza le loro legislazioni incentivano l’inquadramento regolare degli stranieri. Dopo di che, giustamente, sono molto severi con quelli che non usufruiscono di tale possibilità perché vogliono vivere ai margini della legge.”

La parola “clandestino” vuol dire letteralmente “segreto, occulto, nascosto alla luce del giorno”. Come avevamo raccontato in una rassegna stampa di qualche mese fa, non tutti utilizzano questa parola. Per fortuna un gruppo di professionisti dell'informazione chiamato “Giornalisti contro il razzismo” ha deciso di metterla al bando.

Nel glossario da loro stilato si legge: “Questo termine, molto usato dai media italiani, ha un'accezione fortemente negativa. Evoca segretezza, vite condotte nell'ombra, legami con la criminalità. Viene correntemente utilizzato per indicare persone straniere che per varie ragioni non sono in regola, in tutto o in parte, con le norme nazionali sui permessi di soggiorno, per quanto vivano alla luce del sole, lavorino, conducano esistenze "normali".”

Esistono, infatti, numerose alternative: “All'estero si parla di "sans papiers" (Francia), "non-documented migrant workers" (definizione suggerita dalle Nazioni Unite) e così via. A seconda dei casi, e avendo cura che l'utilizzo sia il più appropriato, è possibile usare parole come "irregolari", "rifugiati", "richiedenti asilo". Sono sempre disponibili e spesso preferibili le parole più semplici e più neutre: "persone", "migranti", "lavoratori". Altre locuzioni come "senza documenti", o "senza carte", o "sans papiers" definiscono un'infrazione amministrativa ed evitano di suscitare immagini negative e stigmatizzanti.”

Le leggi promulgate dal Parlamento italiano determinano la qualità della vita di milioni di persone. Le rappresentazioni della società costruite dai mezzi di comunicazione di massa influenzano in maniera fondamentale la percezione che i cittadini hanno della società stessa. Le parole che usate in Parlamento e nei media hanno un peso incalcolabile: possiamo e dobbiamo esigere da chi ci governa e da chi ci informa di non adeguarsi al rumore generale.

lunedì 20 luglio 2009

Filiera Zero


Piccolo post di promozione.
All'interno dello stesso territorio dove ha sede l'associazione IndiMente è nato da un pò di tempo un progetto molto interessante. Parliamo dell'Associazione di Promozione Sociale Filiera Zero, che propone a chiunque si interessato l'adesione ad un gruppo d'acquisto solidale di generi alimentari.
E' un iniziativa che non esitiamo a condividere ed a promuovere, comunicando a tutti che il gruppo d'acquisto si riunirà Giovedì 23 Luglio alle ore 17 presso la libreria- bistrot "Le Storie", in via Giulio Rocco 37-39, zona S.Paolo.
Noi ci saremo! Essiateci!

martedì 7 luglio 2009

Pensiero Connettivista

"Siamo i custodi della Percezione, Guardiani degli Angeli Caduti in Fiamme dal Cielo, Lupi Siderali.
Un gruppo di liberi sognatori indipendenti.
Viviamo nel cyberspazio, siamo dappertutto.
Non conosciamo frontiere.
Questo è il nostro manifesto."

Così si apre il manifesto del Connettivismo, movimento letterario nato in Italia, "a metà tra il cyberpunk e il futurismo" come scritto su Wikipedia.
E' un movimento nato da un incontro di persone e idee, sviluppato poi in un progetto ben più ampio del blog dal quale tutto è cominciato.

Indimente ha intervistato Giovanni De Matteo, uno dei fondatori del Connettivismo, autore di racconti, romanzi, fumetti, articoli, vincitore del XVII premio Urania con il romanzo "Squadra Pi-Quadro".


Alessio: Rimandando i lettori al manifesto del Connettivismo, saltando a pie' pari didascaliche presentazioni, ti invito a spiegare brevemente la natura del movimento con tre semplici domande: cosa pensa, cosa dice, cosa fa un connettivista?

Giovanni De Matteo: Il connettivismo è una sensibilità. Un po' come - se mi è consentito l'accostamento - il Texas di Lansdale uno stato d'animo. La sensibilità a cui mi riferisco è un'attitudine sintetica e unificatrice. Guardiamo a una fantascienza - ma il discorso può essere esteso anche ai generi limitrofi, dal fantastico fino alla crime fiction - capace di superare la storica frattura tra cultura scientifica e umanistica. Troviamo che gli strumenti affinati nel corso della sua lunga pratica consentano all'immaginario di fantascienza di attestarsi come lo spazio culturale ideale per decifrare il panorama della nostra contemporaneità, con le spinte che si agitano sotto la superficie e i cambiamenti piccoli e grandi che si prospettano all'orizzonte. Poi, muovendosi in quest'ambito, ogni connettivista è libero di agire come meglio crede, secondo le forme e i canali di espressione che ritiene più congeniali alla propria attitudine.


A: Il Connettivismo non sarebbe mai nato senza Internet. A mio avviso, la facilità di comunicazione resa possibile dal web rende spesso di poco o nullo interesse i reali contenuti che veicola. E' come se l'abbondanza e facilità d'uso della risorsa si traducesse in un enorme spreco della stessa. Cosa ne pensi del web 2.0, dei social network, della facilità di comunicazione e soprattutto di connessione tra persone che questi mezzi potenzialmente mettono a disposizione?
C'è una reale coscienza sul valore della connessione come risorsa, come bene prezioso?

GDM: Sono d'accordo con le tue valutazioni sulla nascita del Connettivismo. Senza Internet sarebbe stata impossibile - o almeno estremamente difficile - la coesione delle forze e degli intenti che hanno dato origine al Movimento. Il web 2.0 è un universo di potenzialità, molte delle quali rimangono a tutt'oggi inespresse o male utilizzate. Ma le sue risorse sono enormi: dalla condivisione del sapere messa a disposizione da Wikipedia agli archivi dei documenti visivi della nostra epoca, dai nodi individuali dei blog alle piattaforme strutturate dei social network. Come tutti gli strumenti tecnologici, anche la Rete necessita però della conoscenza dei suoi codici di base, delle sue caratteristiche, per potere essere impiegata adeguatamente.
Ma pur con tutta la mia scorza di diffidenza, forse resto un inguaribile ottimista se continuo a pensare che l'utilizzo del mezzo possa affinare la coscienza dell'utente, fino a quando anche la cognizione delle risorse e degli strumenti del web diventerà parte integrante della consuetudine. In fondo, pure senza innesti fisici, sta venendo su una generazione di cyborg: l'estensione delle capacità non interessa il loro corpo, ma la loro mente sì. Già oggi la rete è una memoria collettiva a cui tutti finiamo per attingere in maniera più o meno massiccia. E il futuro potrebbe riservarci sorprese ancora maggiori, a partire dall'avvento dell'atteso web semantico.


A: A proposito di memoria collettiva, il tuo romanzo "Sezione Pi-Quadro" (premio Urania 2006) è soprattutto un romanzo sulla memoria e sui ricordi. Da dove viene questa tua attenzione e sensibilità per la materia?
Mi sembra che nel Connettivismo ci siano due anime, apparentemente opposte: una rivolta alla memoria, al ricordo e quindi al passato, l'altra tutta rivolta al futuro.
Come convivono insieme?

GDM: La nostra storia è l'essenza di ciò che siamo, il bagaglio degli insegnamenti ricevuti e delle situazioni sperimentate. Il futuro rappresenta invece quello che potremmo diventare, abbracciando l'intero spettro delle possibilità che ci sono concesse. Abbiamo quindi un tempo di certezze: il passato; e uno spazio di probabilità: il futuro.
In questa prospettiva, la memoria è l'elemento di continuità fondamentale e indispensabile per dirigere la rotta del tempo. Mi riferisco sia al livello più generale (la memoria collettiva che ci identifica come civiltà), sia a quello più specifico (la memoria individuale che ci identifica come persone).
Dal mio punto di vista non c'è alcun contrasto nell'atteggiamento del Connettivismo che tu giustamente metti in luce. Anzi, lo trovo naturale: la percezione del tempo e l'elaborazione di strategie volte a compensare il fenomeno, trovo che rappresentino i requisiti salienti della coscienza umana.
Sottoscrivo le parole di William Gibson quando afferma:

"Il tempo va in una direzione, la memoria in un'altra. Siamo una strana specie che costruisce manufatti tesi a rispondere al flusso naturale del dimenticare."
(dall'intervento "Morto che canta", pubblicato dalla rivista "Forbes" nel 1998)

Personalmente troverei inutile parlare del futuro senza tenere ben presente ciò che è stato.
Volenti o nolenti, è sempre dalla storia che bisogna partire. Anche quando si vuole parlare del domani - oppure del presente visto attraverso le lenti del futuro.


A: Da qualche anno producete la rivista NEXT (QUI le informazioni sull'ultimo numero), organo di diffusione ufficiale del Connettivismo, che raccoglie poesie, racconti. articoli.
Come mai avete sentito l'esigenza di una rivista cartacea?
Non stride con la natura del movimento?

GDM: Una rivista cartacea risponde a una precisa esigenza: quella di continuare nel solco di un medium collaudato e storicamente essenziale. Il libro, dopotutto, funziona ancora oggi che abbiamo ampiamente sconfinato nell'era dell'elettronica. E sulle riviste di fantascienza degli anni '60 e '70 si è formata la consapevolezza critica del genere.
"Next" nasce per soddisfare in qualche modo questo bisogno - forse un po' narcisistico - di tenere in vita una tradizione gloriosa anche ai tempi di internet. Ed è stato in omaggio alla storia delle riviste italiane di fantascienza (mi piace qui ricordare la "Futuro" di Lino Aldani e la mitica "Robot" di Vittorio Curtoni, e riferirmi idealmente a tutte le fanzine fiorite a cavallo tra gli anni '70 e '80), che quest'anno abbiamo prodotto la prima edizione internazionale della nostra rivista, un numero speciale di "Next" completamente in inglese, con una storia della SF italiana curata dal grande critico Salvatore Proietti con la collaborazione di Andrea Jarok e interventi speciali di autori del calibro di Richard K. Morgan, Alan D. Altieri, Giuseppe Lippi e Riccardo Valla.
Ma non dimentichiamo che la nostra attività in Rete garantisce una copertura costante e parallela, agendo in tempo reale laddove la composizione di una rivista richiede necessariamente dei tempi tecnici dell'ordine di diversi mesi per poter raggiungere il lettore. Il nostro presidio sul web parte dai blog dei singoli autori per arrivare al punto di riferimento on-line dei connettivisti, la webzine Next Station (www.next-station.org), di cui proprio in queste settimane andiamo approntando la nuova versione.


A: Di recente, ho letto un'intervista di David Thomas (leader del gruppo musicale Pere Ubu), rilasciata nel 1997 per la rivista Blow Up (QUI l'intervista integrale). All'epoca Thomas sosteneva che:

"Oggi [...] le persone vivono progressivamente in luoghi che non esistono, in città che non esistono. I luoghi, le culture del mondo stanno tutti scomparendo [...]
I ragazzi che hanno meno di tredici anni in America non sono più americani, così come gli italiani che hanno meno di tredici anni non sono più italiani, sono tutti abitanti di un’immaginario villaggio globale.
Nel villaggio globale non si è più niente, e guarda che non è una critica, è una constatazione. Quindi l’unica cosa che ti collega al passato è la terra [...]
Noi siamo tutti cittadini del mondo televisivo."

Forse oggi il discorso di David Thomas continua a valere se si sostituisce internet alla televisione. Cosa ne pensi?
La Rete contribuisce a una cultura omogeneizzata, in cui ogni differenza è livellata e in cui "guardarsi negli occhi diventa come guardarsi allo specchio"?
Perchè hai scelto Napoli come scenario per "Sezione Pi-Quadro"?

GDM: Credo che come sempre sia tutta una questione dell'utilizzo che si sceglie di fare di uno strumento. E' vero: la massificazione dei costumi, dei gusti e delle abitudini ha viaggiato lungo i cavi neurali della nostra società, che un tempo seguivano i palinsesti della TV e oggi senz'altro sono stati aggiornati secondo i protocolli di internet.

Ma non dobbiamo neanche dimenticare che è lo spazio stesso in cui si snodano le nostre vite che ha subito un processo continuo di globalizzazione: non a caso ritroviamo i centri commerciali di cui parlava Don DeLillo nel 1985 in "Rumore bianco" al centro del discorso sulla nuova antropologia della surmodernità architettata da Marc Augé (Nonluoghi, 1992). Ci sono luoghi che restano immutati ovunque si vada: i centri commerciali, i punti vendita delle grandi catene di distribuzione, le stazioni, gli aeroporti. Nonluoghi che nascono non per essere vissuti (come un condominio o un giardino pubblico) ma attraversati, con il chiaro intento di rispondere a un bisogno di transizione ovvero di creare un bisogno e offrirgli subito una possibilità di soddisfazione. Transiti e transazioni... Ma mi rendo conto che sto divagando. Voglio solo richiamare l'attenzione di chi ci legge su questo particolare: se i nodi ferroviari o aeroportuali rappresentano la porta su un orizzonte "fisico", affacciandoci sul quale possiamo sperare di arricchire la nostra esperienza, i centri commerciali rappresentano le porte dimensionali per accedere a un orizzonte "virtuale", buono solo a dispensare un'illusione effimera di appagamento/arricchimento.

Tornando al cuore della tua domanda, la Rete ha senz'altro un grande vantaggio sulla TV: ti permette di agire anche da operatore attivo, non solo da consumatore passivo. L'interazione è più immediata, il grado di coinvolgimento maggiore. Ma la conseguenza logica è che anche il tempo di apprendimento necessario per comprenderne bene i meccanismi e le dinamiche subisce una dilatazione fisiologica. Per quanto possa essere intuitivo, navigare non è come zappare tra i canali della TV.

Perché Napoli come sfondo di "Sezione Pi-Quadro"? Perché Napoli è una grande città che come tale condivide le stesse problematiche di tutte le metropoli del mondo, ma non ha ancora perso la propria "individualità".


A: Il Connettivismo ha una connotazione politica?

GDM: Ogni esperienza artistica ha inevitabilmente una connotazione politica, non fosse altro perché finisce per riflettere - anche solo attraverso la semplice, apparentemente banale perché inevitabile, scelta di un certo approccio - l'attitudine del suo artefice/autore. Nel caso di autori, artisti, registi, etc., a mio parere è impossibile scindere tra prodotto e "ideologia", in quanto in ogni figura pubblica si realizza un nodo di interessi e invariabilmente il prodotto finisce per risentire delle premesse che stanno a monte. Mi rendo conto che si tratta di una posizione non del tutto popolare e di certo la faccenda non si può dire risolta. Emblematica è stata la diatriba che di recente ha interessato la controversa figura di Dan Simmons, portando a una spaccatura nella comunità degli appassionati italiani (ma non solo) di fantascienza (QUI un articolo a riguardo). Quello che sostengo è lo specchio delle mie convinzioni.
Nel caso di un Movimento le cose si fanno anche più complesse. Nel Connettivismo coesistono anime diverse, che ne rispecchiano le origini disordinatamente anarchiche. Finora l'unico discorso organico e strutturato di questo tipo interno al Connettivismo è stato tentato da Anisotropie,
Fernando Fazzari e dal sottoscritto a partire dalla stesura di un manifesto d'intenti (puoi leggerlo QUI). Abbiamo voluto definirci "accelerazionisti" e il nostro approccio è di impronta dichiaratamente progressista e, per certi versi, anche rivoluzionario.


A: sulle pagine di Wikipedia il Connettivismo è definito movimento letterario.
Avete mai usato altre forme di espressione? Esiste una pittura, una musica connettivista?

GDM: No, almeno non al momento e non elaborate in maniera consapevole.
Anche se abbiamo avuto modo di sviluppare prolifiche sinergie soprattutto con artisti (Daniele Cascone, Francesco D'Isa, Luca Crema, Claudio Iemmola, Giorgio Raffaelli e per l'esperienza di "Next International" anche il grande Franco Brambilla, copertinista di "Urania" e di diverse edizioni Mondadori), tutti però protagonisti di un percorso personale nei territori dell'immaginario, del tutto indipendente dal Connettivismo. Ma non escludo che si possano
intraprendere nel futuro sentieri maggiormente improntati dalle linee di ispirazione del Movimento. Ci sono dei progetti al vaglio, che riguardano architettura (allestimenti e disegno industriale) e multimedialità on-line. Vedremo dove approderanno.


A: Vorrei terminare l'intervista chiedendoti quali sono l'ultimo film che hai visto, l'ultimo libro letto e l'ultimo album musicale che hai ascoltato.

GDM: Domanda da un milione di dollari. Le mie letture seguono un processo di scheduling che me ne fa incastrare una dozzina in parallelo, e con gli ascolti sono pure più disordinato. Con i film
però è facile: l'ultimo visto al cinema è stato "Star Trek" e confesso di essere uscito dalla sala soddisfatto. Quanto ai libri, l'ultimo finito è stato "L'ultimo vero bacio" di James Crumley, cupa storia noir ambientata tra la periferia dell'Impero e la provincia profonda, tra schegge taglienti come lame del sogno americano infranto. Se devo dire un album musicale, infine, nomino "Jukebox" di Cat Power.


A: Grazie mille per la disponibilità. Spero di poterti nuovamente ospitare tra le pagine di questo blog, magari in occasione di un tuo nuovo lavoro.

GDM: Sono io a ringraziare te. Davvero.



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lunedì 22 giugno 2009

VIA COL VENTO

Ecco un'altra traduzione di un interessante studio dell'Economist sulla situazione energetica italiana.
Potete trovare l'originale qui.


VIA COL VENTO


L'Italia prova a liberarsi dall'energia importata, ma la strada da fare è ancora lunga.



Raggiungere la vetta nelle classifiche è solitamente un motivo d'orgoglio. Per l'Italia, che dipende dagli altri paesi per l'86% delle proprie necessità energetiche, prima fra tutti gli altri paesi del G8, abbandonare questo primato è una necessità di primaria importanza. Così quando Claudio Scajola, ministro dello sviluppo energetico si presentò al meeting con suoi colleghi del G8 come uno dei più forti sostenitori per gli investimenti nell'energia pulita, fu una sorpresa per tutti.


La produzione nazionale italiana di gas naturale è diminuita notevolmente nell'ultimo decennio, coprendo solamente il 12% del consumo dell'ultimo anno, mentre i 5,2 milioni di greggio pompati dagli oleodotti nazionali soddisfano solo il 7% del fabbisogno italiano. L'idro-elettricità, o carbone bianco, dalle dighe ( per lo più Alpine) era la più grande fonte domestica di energia. Ma da molti anni e stata eguagliata o superata dalle importazioni di elettricità dai paesi del nord. In un referendum del 1987 gli italiani hanno votato per la chiusura di tre centrali nucleari ancora in funzione.


Di fronte ad una cosi forte dipendenza dalle importazioni, l'Italia ha fatto uno sforzo per sfruttare le fonti rinnovabili che si trovano all'interno dei suoi confini. E' stata per molto tempo il leader europeo nel geotermico, utilizzando per creare energia elettrica il vapore prodotto naturalmente dalle rocce bollenti chilometri sotto terra a Lardarello, in Toscana. Le turbine di Lardarello hanno prodotto 5,5 terawatt orari e Unione Petrolifera, l'associazione delle compagnie petrolifere italiane, unica in Italia a pubblicare regolarmente previsioni sull'energia, crede che questa produzione possa crescere fino a 7,5 Twh nel 2020. Anche così, darebbe solo un piccolo contributo alla domanda totale, che nell'ultimo anno ammontava a 337.6 Twh.


Le prospettive sull'energia eolica sono ancora migliori. Dieci anni fa il contributo del vento nel soddisfare la domanda di energia era piccolo, ma negli ultimi anni le turbine italiane hanno prodotto più energia degli impianti geotermici. Sempre secondo unione petrolifera il vento potrebbe generare 20,5 Twh nel 2020, una produzione tre volte più grande di quella dell'ultimo anno, mentre le produzioni di energie elettrica dalle biomasse potrebbe quasi triplicare per lo stesso periodo.


L'Italia potrebbe non ottenere molto dal suo gas e dal suo petrolio, ma il sole non è mai in piccole dosi e questo potrebbe fornire la migliore prospettiva a lungo termine. Alle fine di quest'anno Enel, la compagnia energetica controllata dallo stato, metterà in servizio una centrale termo-solare da 5 megawatt che sfrutterà questa innovativa tecnologia. In questo settore Enel ha un record, avendo progettato e costruito il primo impianto termo-solare connesso alla rete nazionale più di 30 anni fa. Ha anche completato, nel 1999, la più grande istallazione di fotovoltaico italiana vicino Serre Persano, nel Salernitano. Spagna e Germania hanno recentemente livellato i propri finanziamneti all'energia solare, lasciando l'Italia tra i più generosi al mondo.


I finanziamenti sono cosi ricchi perchè le fonti rinnovabili sono molto costose e non sarebbero competitivi senza questi. Nomisma Energia, un think-tank di settore, stima che l'energia dal fotovoltaico costa alla produzione 0,40 centesimi per kilowatt ora. Inoltre ha stabilito che i prezzi di risosrse come il vento (0,07cent/kWh) e biomasse ( 0,08/kWh) sono più alti di altre fonti come il carbone ( 0,05 cent/kWh con il carbone a 60 dollari la tonnellata) o gas ( 0,06/kWh con il petrolio a 55 dollari al barile. Gli alti costi sono sopportati dagli consumatori. In Italia le tariffe sono più alte rispetto agli altri paesi europei, a causa dell'uso del gas naturale ma anche a causa della scarsa competitività. Economie di scale e migliorie tecnologiche stanno significando un abbassamento del costo del vento, colmando sempre di più il gap con l'energia fossile, specialmente se il prezzo europeo del carbone continua a crescere.

Ma Davide Tabarelli, amministratore di Nomisma Energia, afferma che le previsione di un boom dell'eolico e del solare sono più che ottimistiche e che l'Italia non raggiungerà l'obiettivo europeo del 12% di fornitura rinnovabile entro il 2010. Umberto Quadrino, il capo di Edison, la seconda impresa italiana, è d'accordo. Pensa che l'Italia dovrebbe ritornare sul proprio veto all'energia nucleare. Nel frattempo Enel sta investendo sulle centrali nucleari francesi, con il progetto di esportare l'energia prodotta in Italia. Inoltre già possiede reattori in Slovacchia.

Anche il governo spera di far riviver l'energia nucleare. Ma l'Italia è trattenuta da una prevaricante burocrazia. Il governo afferma che accelererà l'iter per poter costruire nuove centrali nucleari, ma i reattori dovranno affrontare una forte contestazione della popolazione, che preferisce gli impianti eolici e solari. Per il momento, la prima posizione nella classifica delle dipendenze energetiche sembra più che sicura.

giovedì 18 giugno 2009

Eventi culturali in arrivo a Roma


Iniziamo ancora un altro esperimento; poichè IndiMente ha nel suo statuto l'idea di promuovere attività culturali di interesse per la collettività, vogliamo approfittare del nostro blog per suggerirvi alcuni eventi che ci sembrano particolarmente interessanti nella città in cui l'associazione ha sede: Roma.

Queste sono alcune idee per i prossimi giorni. Da non sottovalutare: tutti gli eventi consigliati in questo post sono ad ingresso gratuito!

La rivista Meltin' Pot (www.meltinpotonweb.com) organizza la terza edizione del festival di cortometraggi, "Corti and cigarettes". Qui trovate un breve assaggio. L'evento è domenica 21 giugno al Caffè Fandango in Roma in Piazza di Pietra, 33.

La Casa del Cinema, invece, festeggia i 20 anni della Fandango, casa di produzione e distribuzione cinematografica fondata da Domenico Procacci, che ha regalato tante soddisfazioni al nostro cinema anche a livello internazionale. Ecco le informazioni sulla rassegna, che comincia con La stazione di Sergio Rubini, e si chiude con Gomorra di Matteo Garrone.

Da oggi, il Rialto - importante centro di creazione artistica, teatrale, musicale - propone, in collaborazione con la Casa del Parco in Valle dei Casali, una serie di spettacoli e concerti da accompagnare ad aperitivi biologici. La manifestazione si chiama Bioluminescenze - le lucciole esistono ancora. Ecco tutto ciò che vi serve sapere.

Infine, stasera 18 giugno al Globe Theatre c'è una serata di parole, musica e fotografia per Medici Senza Frontiere, per non dimenticare le tante crisi umanitarie che affliggono il mondo. Informatevi qui.

Buon divertimento!
E se visitate gli eventi che vi suggeriamo... lasciate un commento per farci sapere com'è andata!

lunedì 15 giugno 2009

LA MIA ITALIA TRISTE


Qui di seguito la traduzione in italiano dell'editoriale di Juan Arias, storico giornalista, scrittore e critico letterario spagnolo che per molti anni ha vissuto e lavorato in Italia. L'originale in spagnolo può essere trovato qui.

LA MIA ITALIA TRISTE

Un paese che è stato la bandiera della libertà e della cultura è presieduto oggi da un politico che censura la informazione che non gli interessa. Che è successo all'Italia? perchè è così difficile riconoscerla per chi ne è innamorato?

Ho vissuto in Italia più di quanto abbia vissuto in Spagna: più di 50 anni. A questo paese, che riunisce il 36% del patrimonio artistico del pianeta secondo l'Unesco, devo molto umanamente e culturalmente. In Italia, dove ho fatti i miei studi, dove ho respirato per la prima volto l'aria pura della libertà - arrivato molto giovane dal paese della censura, delle condanne a morte arbitrarie, dei partiti politici inesistenti - mi dettero la cittadinanza per meriti culturali. In Italia votai per la prima volta nella mia vita. Avevo più di 40 anni. In Spagna non si votava, si viveva semplicemente nel terrore.


Ricorderò sempre quella mattina nella quale, finalmente, ho potuto inserire la mia scheda elettorale nel segreto di una urna. Il mio voto, mi dissero, valeva mille. Erano delle elezioni nelle quali gli italiani iniziavano a stancarsi della politica, demotivati a votare. La RAI mi intervistò chiedendomi che sentiva uno spagnolo che per la prima volta poteva votare.

Parlai della mia forte emozione e mi spinsi oltre, chiedendomi a quelli che pensavano di astenersi di andare a votare per rispettare la sofferenza di tutti quegli anni nei quali io non l'avevo potuto fare. Mi chiamarono dalla radio per dirmi che migliaia di persone, incluso alcune famiglie intere, volevano che io sapessi che erano andati a votare per me.


In Italia ho potuto pubblicare quello che sarebbe stato impossibile nel mio paese. Mi aprirono le porte le riviste ed i giornali. Ho avuto il privilegio di conoscere, frequentare ed intervistare i personaggi della letteratura e dell'arte che fecero grande in quel momento il paese di Dante e Leonardo. Personaggi come Fellini, Sciascia, Italo Calvino, Pasolini; stilisti come Valentino, Armani, Missoni: a grandi impresari come Agnelli o Pirelli; a magnifici editori come Einaudi o Feltrinelli arrivando fino a degni politici come Moro o Berlinguer o valenti giudici come Falcone, con il quale conversai mesi prima del suo assassinio. Durante il mio incontro con Falcone ci circondava un gran numero di poliziotti armati fino ai denti e con le sirene spiegati. “ E' tutto teatro. Quando la mafia deciderà di uccidermi, lo farà.” mi disse il magistrato salutandomi con un mezzo sorriso triste. Lo uccisero.


Era quella l'Italia che amavo appassionatamente e nella cui lingua scrissi i miei primi libri. Fin quando arrivò Silvio Berlusconi. L'ho visto atterrare a Palermo, capitale della Sicilia, cuore della Mafia, in elicottero, come un dio pagano. Erano le sue prime elezioni. Pochi credevano che quell'istrione, che mai aveva lavorato in politica, in un paese tanto politicizzato come l'Italia, avrebbe potuto vincere. Io pronosticai sul giornale la sua vittoria.Vidi quella mattina a Palermo quasi mezzo milione di persona sollevando le braccia verso quell'elicottero che portava il Salvatore.


La mafia siciliana aveva cambiato bandiera. Aveva appena abbandonato la potente Democrazia Cristiana, fino allora sua padrona, per offrire il rispetto ed i suoi voti all'impresario del quale dicevano avesse il potere magico di creare posti di lavoro dal nulla. L'Italia in quel giorno entrò nel tunnel della degenerazione. E io me ne tornai in Spagna.


Ora vedo, come in un incubo, che gli italiani, che mi hanno introdotto al piacere della libertà di informazione e di espressione, devono leggere El Pais per poter conoscere le oscenità commesse da loro Cavaliere. Dove è finita quell'Italia che il mondo amava e ammirava?

L'Italia mi difese quando uno dei Governi di Franco tento di processarmi per un articolo pubblicato sul comportamento della Chiesa Spagnolo durante la dittatura militare. Mi chiamarono a Madrid. Mi ricevette l'allora ministro Giròn. A casa sua. Mi raccontò che un ministro aveva portato il mio articolo al consiglio dei Ministri esigendo la mia testa. Franco si limitò alla fine del Consiglio a chiamare il ministro Giròn e gli disse: “ Che lascino andare questo ragazzo, altrimenti ne faranno un martire in Italia. Però chiamalo e diglielo.” Era chiaramente una avvertimento mafioso. Così era allora la Spagna, così è oggi, o quasi, l'Italia.

Nelle mie notti senza sonno mi domando come ha potuto compiersi questa metamorfosi. Come è arrivato a questo la mia triste Italia di oggi. Posso farmi solo alcune domande dopo la mia lunga esperenza italiana. Perchè vinse Berlusconi per la prima volta, quando già circolava un libro sulle illegalità commesse come impresario edilizio a Milano? Perchè i socialisti di Bettino Craxi, che morì in esilio, ricercato per corruzione, quando arrivarono al potere permisero a Berlusconi di creare il suo impero televisivo contro tutte le norme costituzionali. Che fecero, o che cosa non fecero i comunisti, eredi del severo e onorato Berlinguer, quando dopo 40 anni di inseguimento al potere lo gestirono tanto male che gli italiano tornarono a chiamare Berlusconi? Come furono ingannati gli italiani? Perchè perdettero così presto l'essenza di quello che era stato il Partito Comunista più grande d'Europa, che riuniva sotto le sue ali protettrici e proteggeva dalla mediocrità della destra tutta l' intelligenza, l'arte e la cultura del paese? Un partito, insisto, che aveva come lider un Berlinguer sempre timido e nascosto, figlio legittimo della austera Sardegna, pero retto, degno e tanto amato che il giorno della morte si paralizzò la città di Roma e due milioni di persone se riversarono nelle strade come se la nazionale di calcio avesse vinto un mondiale.

A quei tempi ero un critico molto severo dell'allora potente Democrazia Cristiana, che era al potere da più di 40 anni e che si spense schiacciata dagli scandali della corruzione. Oggi, a tanti anni di distanza, devo riconoscere che quello che venne in seguito è peggio. E' alla vista di tutti. La Democrazia Cristiana, profondamente conservatrice, aveva tuttavia un profondo rispetto per la libertà d'espressione dei giornalisti. Conservo alcune lettere scritte con la calligrafia grande di Fanfani o quella minuta di Andreotti, entrambi più volte presidenti del consiglio. Ogni volta che scrivevo un articolo critico contro l'uno e contro l'altro, arrivava al mio ufficio a Roma un postino portandomi una di queste lettere, nelle quali mi ringraziavano di aver scritto su di loro.

Quando la Spagna stava per entrare nella Unione Europea, il ministro degli Esteri Italiano era Andreotti. Nell'ambasciata italiana a Madrid qualcuno più papista del Papa decise di fare uno studio sui miei articoli, concludendo che ero eccessivamente critico con i politici italiani. Chiamarono l'ambasciatore Spagnolo a Roma e, con evidente timbro mafioso, gli ricordarono che l'Italia era fondamentale affinchè la Spagna entri nella Comunità Europea e che i miei articoli non erano “apprezzati”.

La notizia arrivò a Andreotti, che ignorava il fatto. Quella mattina mi chiamò per offrirmi un intervista. Mi ricevette con le braccia aperta. Non si parlò dello scandalo suscitato dalla ambasciata italiana a Madrid. Mi raccontò aneddoti inediti sul suo rapporto con l'allora papa Giovanni Paolo II. Mi disse che il papa lo invitava a volte a mangiare o a cenare con lui e addirittura ad assistere alla messa nella sua cappella privata. Prima di salutarmi mi autografò un libro con queste parole. “ Al mio caro collega giornalista Juan Arias, con amicizia”. Andreotti si vantava sempre di essere giornalista di professione. Alla porta mi disse: “ La Spagna sarà molto importante nella comunità europea. Io la appoggerò.” Lo fece.

Andreotti, tuttavia, era solito dire che ai politici spagnoli mancava “finezza”. Tristemente, a chi manca oggi finezza è a tanti politici italiani, iniziando dal suo presidente e della sua corte faraonica, che hanno orrore e panico dell'informazione libera.

Forse non è vero che agli italiani piaccia tanto Berlusconi, - per lo meno agli italiani che conosco – forse il problema è che neanche gli piacciono gli altri politici. A questi altri io ho dato il primo voto della mia vita. Cosa triste, come direbbe Saramago.

giovedì 11 giugno 2009

BERLUSCONI PROSSIMO VENTURO


Il seguente post è la riflessione di un membro dell'associazione e non necessariamente rispecchia la filosofia di IndiMente, essendo il presente blog in primis un luogo di dibattito nella spirito della partecipazione sul quale IndiMente statuto, apartitica e apolitica per statuto, ha un compito di mera moderazione.

Prendo un fertile spunto dal precedente post di Diego per sviluppare un tema che esula dal mero fatto politico ma che si presta facilmente a risvolti economici e culturali inopportunamente, finora, ignorati.
Il tema del "berlusconismo", che tanto ha infiammato la stampa straniera tanto da avere addirittura un riflesso sulla torbida informazione italiana, viene sempre più spesso e non dubito volontariamente riportato come un fatto "politico" in senso stretto ed in seconda analisi, come una fetta di mondanità che avvince e avvolge il nostro paese.
Ma in un paese ideologicamente confuso, se non assente, spesso il rapporto causa-effetto viene invertito o nei più dei casi completamente ignorato.
Lo scandalosità del candidare veline e frequentare minorenni, l'indignazione sollevata si annichilisce in un paese che ha un sistema immunitario indebolito dalle malattie croniche e dai fuochi di sant'antonio passeggeri. Allora bisognerebbe ragionare sul perchè questo è accaduto, sul perchè viene tollerato ( perchè così è, tollerato) bonariamente l'atteggiamento di un premier che in altri paesi sarebbe di una inaudita gravità penale prima che politica.
Al di fuori dell'inutile dibattito di partito, le reali domande da porre sono: perchè lo fa? Perchè il suo entourage politico glielo lascia fare?
Rispondere alla prima domanda è da una parte facile, dall'altra parte potrebbe essere superficiale. Il personalismo del premier, la sua attitudine masanelliana di impersonificare l'emotività del suo elettorato, di saperla gestire ed attraverso il voyerismo stuzzicarlo fino all'ammirazione incondizionata può essere parte (minima) della risposta. La verità è più nascosta, ma evidente a chi non è soddisfatto di quanto sopra. La volontà politica, sociale e culturale del berlusconismo, che solo in minima parte è rappresentato dal Presidente del Consiglio stesso, è quella di ridicolizzare lo stesso strumento politico stesso, di svuotarlo di ogni suo potenziale "normalizzante", di scardinare la già flebile speranza dell'Italia di essere un paese non dico democratico, ma legittimato ad essere chiamato tale.

Le prove di questo piano sono molte, e sono tutte in negativo. In Italia non c'è un progetto economico solido. Si è confuso da tempo ( anche per colpa della Sinistra) il liberismo con il permissivismo, lasciando che evasione fiscale, appaltismo sfrenato e indulti vari colpissero la stessa credibilità dello stato, che da sempre si basa sulla solidità e sulla ineluttabilità dello strumento repressivo. In uno stato vuoto si è scatenato il virus della noncuranza, dell'impunibilità che da tempo già risiedeva nei focolai camorristici e mafiosi del sud così come nella "virtuosa" imprenditoria italiana, che non rischia ( i soldi sono sempre delle banche) e per lo più ruba (ai loro azionisti).

In questo declino l'unico appiglio della dignità, prima che della sopravvivenza del paese, era l'organo rappresentativo, il Parlamento, che avrebbe dovuto fermare questa clivio inesorabile. E qui entra il gioco la grande invenzione del berlusconismo, che ripeto non è stato inventato ad Arcore, cioè quello di ridicolizzarlo, di colpirlo nella sua credibilità. Se c'è chi pensa che la casta, cosi come il grillismo spicciolo, abbia nociuto all'ordine stabilito, si sbaglia e purtroppo di grosso. A questo serve candidare veline, cantanti, ex principi e avvocati di scuderia. Serve a comunicare un messaggio chiaro e lampante: il Parlamento ( europeo, italiano, regionale, provinciale, comunale) non serve a nulla ed è più utile riempirlo di gente vuota che abbia la unica capacità di premere un pulsante. Quali temi politici si affrontano in Italia? Nessuno. Il parlamento non parla, ubbidisce ad un numero esiguo di persone. In Spagna si parla di aborto, in Francia di immigrazione, in Inghilterra, udite udite, si prendono sul serio gli scandali. In italia non ci sono dibattiti politici se non meramente diversivi. Il partito è svuotato completamente dalla sua funzione ideologica-costruttiva ed è diventato un ponte tra politica ed affari. Lo era anche prima, probabilmente, ma ora è solo quello. Mettere come ministro la Gelmini, la Carfagna, oppure Bondi o Alfano vuol dire beffarsi apertamente della istituzionalità, lasciando trasparire la sua debolezza, della sua superficialità.

Ma a che pro? E' una domanda che spesso viene lasciata senza risposta. Perchè un uomo di 72 anni dovrebbe tenere in piedi (visibilmente a fatica) un circo che ha raggiunto dimensioni colossali? La risposta anche qui può essere terribilmente superficiale. La sopravvivenza politica è chiaramente insufficiente a spiegare questo fenomeno. Forza Italia, come ora il PdL, sono chiaramente degli strumenti che hanno un fine. Ma quale? Partendo dall'evidente piduismo si arriva alla vera necessità di questo piano sociale e culturale, prima che politico. Cioè quella di mantenere in piedi un ordine costituito fatto di incroci mafiosi, imprenditoriali, politici che arricchiscono pochi, sempre gli stessi, ed impoveriscono i più. Una necessità che in un paese lineare, con le istituzioni a pieno motore, sarebbe impossibile da superare. Ma finchè saremo attratti dalle ballerine in perizoma a villa Certosa, tutto questo continuerà inesorabilmente a esistere, ad evolversi a radicarsi.
Precedentemente ho detto che il Berlusconismo non è un invenzione di Berlusconi. Con questo voglio rispondere alla seconda domanda, cioè sul perchè gli altri politici glielo lasciano fare. Qui una risposta semplice è abbastanza esaustiva. perchè sono corrotti o, ancor più drasticamente, sono creati dal nulla come i cloni di Guerre Stellari ed esistono solo per obbedire agli ordini. Si esauriscono in questo e si tengono ben lontani dal rompere la monotonia, visto che i soldi che hanno pagato o i favori che hanno fatto per ricoprire il ruolo pubblico sono stati abbastanza onerosi. I poteri istituzionali, che formalemente in Italia esistono e qualitativamente sono i più definiti di tutti i paesi occidentali, non servono a nulla se non vengono esercitati.

I suoi alleati politici sono si a traino del suo personalismo, ma non bisogna sottovalutare i progetti di chi ha sempre accompagnato l'ascesa di Berlusconi. Sanno che creerà un vuoto, già per la maggior parte lo ha creato. E prima o poi Berlusconi si eclisserà, è uno dei lati negativi dell'essere mortale, e quel vuoto da chi verrà occuapato? Quali sono i partiti in ascesa? La lega, un partito sostanzialmente razzista e territoriale e l'Italia dei Valori, un partito giustizialista e senza un disegno politico economico ad ampio respiro.
E' un vuoto troppo appetitoso per poterlo lasciare a facili moralismo ed a battaglie campali. Anche un partito di centro come il partito democratico sa benissimo che la sua trasformazione anti-ideologica, il suo allontanamento da un area politica ben definita gli permetterà di approfittare del ricco banchetto. E' conveniente per tutti lasciare che il deserto avanzi, perchè senza regole i più forti ( i partiti, gli imprenditori, i camorristi) vincono senza replica.

Cosa fare? Non è vero che non si può fare nulla. Si può ridare autonomia dalla politica,ma bisogna partire dal basso. Attraverso l'impegno individuale, per amore del paese e per amore del proprio futuro. Il potere del voto è importante, è il sangue che regaliamo con troppa benevolenza ai vampiri di questo stato. Partire dal proprio comune, dalla propria circoscrizione, impegnarsi civilmente prima che politicamente, lasciare poco giogo al carrierismo, e sopratutto, fare le cose per bene.
Le associazioni, i gruppi d'opinioni, la società civile meritano più di questa rappresentanza. Agire con inteligenza, diffidare dall'informazione, indignarsi e costruire i propri progetti con le proprie mani. Solo così la politica tornerà nelle mani dei cittadini, solo così potremo tirarla nuovamente a noi.

FG