lunedì 21 settembre 2009

VIA ALLO SGOMBERO DEL CASILINO 900

Riportiamo un articolo apparso oggi su PeaceReporter, relativo allo sgombero del campo nomadi del Casilino 900, il campo nomade più grande d'Italia.
In questo video, curato dall'agenzia AMI, si possono osservare le condizioni di vita di circa 800 persone e le tante contraddizioni e responsabilità che porteranno allo smantellamento di questa comunità.

"Alla fine la notizia è arrivata. La decisione che da trent'anni pendeva sulla testa del Casilino 900, il più grande campo rom d'Italia e forse d'Europa, è stata comunicata dall'Assessore Belviso e dal Prefetto Pecoraro. Il campo verrà chiuso, un mese per fare le valigie. Il capo della comunità bosniaca del Casilino, Najo Adzovic, spiega che la minaccia di chiudere il campo è sempre stata avanzata da tutte le amministrazioni, ma la certezza che sarebbe successo è arrivata con l'amministrazione Alemanno. Negli ultimi mesi le visite al campo da parte di enti comunali si erano moltiplicate: a fine giugno era stata rinforzata la rete idrica, poi la croce rossa e lo stesso Alemanno, accolto col sorriso dagli abitanti in un clima di festa. Sembra strano da capire, ma chi mi ha raccontato l'episodio dice che a loro importava solo che addirittura il sindaco di stava interessando di loro!problemi, ci preoccupa solo sapere come verranno ricollocati i nostri figli nelle scuole. Non bisogna dimenticare che duecentoventi bambini sono inseriti negli istituti del XII municipio. Il rapporto con maestre e compagni è consolidato. Un bambino abituato a un ambiente a un certo punto diventa nomade e deve ricominciare da capo. Bisogna capire se ci sarà la volontà e la possibilità di accettare i nostri figli in altre scuole”.

Najo vive nel campo da sempre, la maggior parte dei

Alessandra Quadri - Famiglia, Casilino 900

Foto di Alessandra Quadri: Famiglia, Casilino 900
bambini è nata e cresciuta qui. Ciononostante, dissolvere questa comunità non ha creato alcun problema: il fatto che molte case siano soltanto roulottes con qualche lamiera intorno ha autorizzato a pensare che chi vi abita sia un nomade, qualcuno per cui spostarsi è la normalità.
In ogni caso, i moduli per il censimento sono stati consegnati: bisogna riempirli con i dati relativi a ogni gruppo familiare. Numero, situazione giuridica, nazionalità e permesso di soggiorno: naturalmente tanti non ce l'hanno e bisogna capire che cosa comporta dichiararlo: l'espulsione? Ma i tempi sono stretti e la seconda fase crea problemi anche maggiori: entro il 21 ottobre la metà degli abitanti del campo dovrà sgomberare. Chi resterà, chi partirà e dove dovranno andare però non è stato detto: “La decisione è stata lasciata agli abitanti. Saranno sempre gli abitanti a indicare il campo dove intendono trasferirsi” e, continua Najo, “trovare posto non è facile perché non bisogna dimenticare che gli altri campi autorizzati, che non sono nuovi, contengono gia 7-800 persone. Metterne altre 400 in questa prima fase e i restanti entro il 2010 li fa diventare dei mega - accampamenti come questo. Ma almeno qui lo spazio c'é”. A quanto ne sa lui c'è “un piano di riqualificazione ma non conosciamo il suo contenuto. So solo che qui intorno ci sono più di cento depositi di sfasciacarrozze che veramente da un punto di vista ecologico fanno schifo. Invece di eliminare questa situazione smantellano il Casilino 900 e la sua comunità”.

Il campo sorge per buona parte sul suolo pubblico del Parco del Casilino e tutto fa pensare che vi verrà inglobato: anche i nuovi collegamenti idrici, tanto plauditi dai rom a giugno come regalo di Alemanno, sono in realtà progettate per diventare il futuro sistema di irrigazione del parco. Nel campo sono presenti quattro etnie: Kosovari, Macedoni. Bosniaci e Montenegrini. Saranno le prime due a lasciare il campo per prime per trasferirsi al campo di Via di Salone. L'amministrazione ha promesso di raddoppiare quel campo ma per ora sono state solo aumentate le misure di sicurezza. Najo sperava che fosse concesso alla sua comunità l'accesso alle case popolari: una nota del Comune ha però specificato che la possibilità non esiste. Najo però non dispera e mi racconta di quanta gente si interessi alla sua comunità: “Siamo in contatto con le università romane, con diversi architetti, professori, studenti, liberi cittadini che ci danno continuamente il loro appoggio. Soprattutto poi c'è Don Paolo, del pontificio seminario romano maggiore, che ormai è diventato un nostro punto di riferimento”.

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