
Indimente segnala l'intervista del Financial Times al ministro dell'economia greco Georgios Papacostantinou,
"Alla fine la notizia è arrivata. La decisione che da trent'anni pendeva sulla testa del Casilino 900, il più grande campo rom d'Italia e forse d'Europa, è stata comunicata dall'Assessore Belviso e dal Prefetto Pecoraro. Il campo verrà chiuso, un mese per fare le valigie. Il capo della comunità bosniaca del Casilino, Najo Adzovic, spiega che la minaccia di chiudere il campo è sempre stata avanzata da tutte le amministrazioni, ma la certezza che sarebbe successo è arrivata con l'amministrazione Alemanno. Negli ultimi mesi le visite al campo da parte di enti comunali si erano moltiplicate: a fine giugno era stata rinforzata la rete idrica, poi la croce rossa e lo stesso Alemanno, accolto col sorriso dagli abitanti in un clima di festa. Sembra strano da capire, ma chi mi ha raccontato l'episodio dice che a loro importava solo che addirittura il sindaco di stava interessando di loro!problemi, ci preoccupa solo sapere come verranno ricollocati i nostri figli nelle scuole. Non bisogna dimenticare che duecentoventi bambini sono inseriti negli istituti del XII municipio. Il rapporto con maestre e compagni è consolidato. Un bambino abituato a un ambiente a un certo punto diventa nomade e deve ricominciare da capo. Bisogna capire se ci sarà la volontà e la possibilità di accettare i nostri figli in altre scuole”.
Najo vive nel campo da sempre, la maggior parte dei
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Foto di Alessandra Quadri: Famiglia, Casilino 900 |
Il campo sorge per buona parte sul suolo pubblico del Parco del Casilino e tutto fa pensare che vi verrà inglobato: anche i nuovi collegamenti idrici, tanto plauditi dai rom a giugno come regalo di Alemanno, sono in realtà progettate per diventare il futuro sistema di irrigazione del parco. Nel campo sono presenti quattro etnie: Kosovari, Macedoni. Bosniaci e Montenegrini. Saranno le prime due a lasciare il campo per prime per trasferirsi al campo di Via di Salone. L'amministrazione ha promesso di raddoppiare quel campo ma per ora sono state solo aumentate le misure di sicurezza. Najo sperava che fosse concesso alla sua comunità l'accesso alle case popolari: una nota del Comune ha però specificato che la possibilità non esiste. Najo però non dispera e mi racconta di quanta gente si interessi alla sua comunità: “Siamo in contatto con le università romane, con diversi architetti, professori, studenti, liberi cittadini che ci danno continuamente il loro appoggio. Soprattutto poi c'è Don Paolo, del pontificio seminario romano maggiore, che ormai è diventato un nostro punto di riferimento”.
Da qualche giorno i cittadini italiani hanno il loro “pacchetto sicurezza”. Nella pagina web del Senato ci sono tutte le informazioni del caso. Il nome ufficiale del decreto legge è "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica", e già da qui bisogna iniziare a ragionare. La scelta delle parole non è mai neutra: le questioni fondamentali che riguardano la vita quotidiana dei migranti vengono determinate all'interno di un decreto che si occupa della sicurezza dei cittadini. Come se, necessariamente, questi uomini, donne e bambini rappresentassero una minaccia per la sicurezza del Paese.
Oltre alle questioni dell'immigrazione, nel decreto si affrontano cose come "Assegnazione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali mafiose" e "Contrasto nell'impiego dei minori nell'accattonaggio". Per capirci, è come se cercando la ricetta della carbonara, andassimo a finire tra gli effetti collaterali del cortisone. Ci verrebbe qualche dubbio sulla bontà del piatto romano, non credete?
Quindi anche senza stare a guardare i contenuti, già il modo in cui il governo ha presentato il decreto legge la dice lunga. Si prende un gruppo di persone, identificate in base ad una caratteristica
arbitraria (non appartenenza alla nazionalità italiana) e lo si associa alle problematiche della sicurezza. E' una semplificazione che, se viene da un cittadino qualsiasi, è già discutibile; se proviene invece dalle istituzioni, è allarmante.
Si pensi ad uno dei passaggi più pubblicizzati del decreto: l'introduzione del cosiddetto “reato di clandestinità”. Questo è un brano tratto da un articolo di Gad Lerner, reperibile qui:
“Nella loro grande maggioranza gli stranieri irregolari presenti sul territorio italiano sono persone entrate senza violare la legge. Arrivate col treno e con l’aereo, mostrando il passaporto, mica sui gommoni o nascoste nel rimorchio dei Tir. Lo so perché in quella situazione mi ritrovai più di una volta anch’io, da apolide, quando mi scadeva il permesso di soggiorno e le tortuosità burocratiche mi impedivano di rinnovarlo in tempo. Ricadevo nell’irregolarità, insieme a molte altre persone che cercavano di farsi riconoscere il diritto al soggiorno, sbattendo su ostacoli spesso insormontabili. Dunque se l’Italia è il paese europeo con la più alta percentuale di “clandestini” (come li chiama la propaganda di regime per renderveli odiosi), ciò non deriva dal fatto che ha le frontiere “colabrodo” molto più degli altri. La geografia conta, ma conta molto di più il fatto che gli altri paesi europei hanno un’economia solo in minima parte sommersa; e di conseguenza le loro legislazioni incentivano l’inquadramento regolare degli stranieri. Dopo di che, giustamente, sono molto severi con quelli che non usufruiscono di tale possibilità perché vogliono vivere ai margini della legge.”
La parola “clandestino” vuol dire letteralmente “segreto, occulto, nascosto alla luce del giorno”. Come avevamo raccontato in una rassegna stampa di qualche mese fa, non tutti utilizzano questa parola. Per fortuna un gruppo di professionisti dell'informazione chiamato “Giornalisti contro il razzismo” ha deciso di metterla al bando.
Nel glossario da loro stilato si legge: “Questo termine, molto usato dai media italiani, ha un'accezione fortemente negativa. Evoca segretezza, vite condotte nell'ombra, legami con la criminalità. Viene correntemente utilizzato per indicare persone straniere che per varie ragioni non sono in regola, in tutto o in parte, con le norme nazionali sui permessi di soggiorno, per quanto vivano alla luce del sole, lavorino, conducano esistenze "normali".”
Esistono, infatti, numerose alternative: “All'estero si parla di "sans papiers" (Francia), "non-documented migrant workers" (definizione suggerita dalle Nazioni Unite) e così via. A seconda dei casi, e avendo cura che l'utilizzo sia il più appropriato, è possibile usare parole come "irregolari", "rifugiati", "richiedenti asilo". Sono sempre disponibili e spesso preferibili le parole più semplici e più neutre: "persone", "migranti", "lavoratori". Altre locuzioni come "senza documenti", o "senza carte", o "sans papiers" definiscono un'infrazione amministrativa ed evitano di suscitare immagini negative e stigmatizzanti.”
Le leggi promulgate dal Parlamento italiano determinano la qualità della vita di milioni di persone. Le rappresentazioni della società costruite dai mezzi di comunicazione di massa influenzano in maniera fondamentale la percezione che i cittadini hanno della società stessa. Le parole che usate in Parlamento e nei media hanno un peso incalcolabile: possiamo e dobbiamo esigere da chi ci governa e da chi ci informa di non adeguarsi al rumore generale.
L'Italia prova a liberarsi dall'energia importata, ma la strada da fare è ancora lunga.
Raggiungere la vetta nelle classifiche è solitamente un motivo d'orgoglio. Per l'Italia, che dipende dagli altri paesi per l'86% delle proprie necessità energetiche, prima fra tutti gli altri paesi del G8, abbandonare questo primato è una necessità di primaria importanza. Così quando Claudio Scajola, ministro dello sviluppo energetico si presentò al meeting con suoi colleghi del G8 come uno dei più forti sostenitori per gli investimenti nell'energia pulita, fu una sorpresa per tutti.
La produzione nazionale italiana di gas naturale è diminuita notevolmente nell'ultimo decennio, coprendo solamente il 12% del consumo dell'ultimo anno, mentre i 5,2 milioni di greggio pompati dagli oleodotti nazionali soddisfano solo il 7% del fabbisogno italiano. L'idro-elettricità, o carbone bianco, dalle dighe ( per lo più Alpine) era la più grande fonte domestica di energia. Ma da molti anni e stata eguagliata o superata dalle importazioni di elettricità dai paesi del nord. In un referendum del 1987 gli italiani hanno votato per la chiusura di tre centrali nucleari ancora in funzione.
Di fronte ad una cosi forte dipendenza dalle importazioni, l'Italia ha fatto uno sforzo per sfruttare le fonti rinnovabili che si trovano all'interno dei suoi confini. E' stata per molto tempo il leader europeo nel geotermico, utilizzando per creare energia elettrica il vapore prodotto naturalmente dalle rocce bollenti chilometri sotto terra a Lardarello, in Toscana. Le turbine di Lardarello hanno prodotto 5,5 terawatt orari e Unione Petrolifera, l'associazione delle compagnie petrolifere italiane, unica in Italia a pubblicare regolarmente previsioni sull'energia, crede che questa produzione possa crescere fino a 7,5 Twh nel 2020. Anche così, darebbe solo un piccolo contributo alla domanda totale, che nell'ultimo anno ammontava a 337.6 Twh.
Le prospettive sull'energia eolica sono ancora migliori. Dieci anni fa il contributo del vento nel soddisfare la domanda di energia era piccolo, ma negli ultimi anni le turbine italiane hanno prodotto più energia degli impianti geotermici. Sempre secondo unione petrolifera il vento potrebbe generare 20,5 Twh nel 2020, una produzione tre volte più grande di quella dell'ultimo anno, mentre le produzioni di energie elettrica dalle biomasse potrebbe quasi triplicare per lo stesso periodo.
L'Italia potrebbe non ottenere molto dal suo gas e dal suo petrolio, ma il sole non è mai in piccole dosi e questo potrebbe fornire la migliore prospettiva a lungo termine. Alle fine di quest'anno Enel, la compagnia energetica controllata dallo stato, metterà in servizio una centrale termo-solare da 5 megawatt che sfrutterà questa innovativa tecnologia. In questo settore Enel ha un record, avendo progettato e costruito il primo impianto termo-solare connesso alla rete nazionale più di 30 anni fa. Ha anche completato, nel 1999, la più grande istallazione di fotovoltaico italiana vicino Serre Persano, nel Salernitano. Spagna e Germania hanno recentemente livellato i propri finanziamneti all'energia solare, lasciando l'Italia tra i più generosi al mondo.
I finanziamenti sono cosi ricchi perchè le fonti rinnovabili sono molto costose e non sarebbero competitivi senza questi. Nomisma Energia, un think-tank di settore, stima che l'energia dal fotovoltaico costa alla produzione 0,40 centesimi per kilowatt ora. Inoltre ha stabilito che i prezzi di risosrse come il vento (0,07cent/kWh) e biomasse ( 0,08/kWh) sono più alti di altre fonti come il carbone ( 0,05 cent/kWh con il carbone a 60 dollari la tonnellata) o gas ( 0,06/kWh con il petrolio a 55 dollari al barile. Gli alti costi sono sopportati dagli consumatori. In Italia le tariffe sono più alte rispetto agli altri paesi europei, a causa dell'uso del gas naturale ma anche a causa della scarsa competitività. Economie di scale e migliorie tecnologiche stanno significando un abbassamento del costo del vento, colmando sempre di più il gap con l'energia fossile, specialmente se il prezzo europeo del carbone continua a crescere.
Ma Davide Tabarelli, amministratore di Nomisma Energia, afferma che le previsione di un boom dell'eolico e del solare sono più che ottimistiche e che l'Italia non raggiungerà l'obiettivo europeo del 12% di fornitura rinnovabile entro il 2010. Umberto Quadrino, il capo di Edison, la seconda impresa italiana, è d'accordo. Pensa che l'Italia dovrebbe ritornare sul proprio veto all'energia nucleare. Nel frattempo Enel sta investendo sulle centrali nucleari francesi, con il progetto di esportare l'energia prodotta in Italia. Inoltre già possiede reattori in Slovacchia.
Anche il governo spera di far riviver l'energia nucleare. Ma l'Italia è trattenuta da una prevaricante burocrazia. Il governo afferma che accelererà l'iter per poter costruire nuove centrali nucleari, ma i reattori dovranno affrontare una forte contestazione della popolazione, che preferisce gli impianti eolici e solari. Per il momento, la prima posizione nella classifica delle dipendenze energetiche sembra più che sicura.
Qui di seguito la traduzione in italiano dell'editoriale di Juan Arias, storico giornalista, scrittore e critico letterario spagnolo che per molti anni ha vissuto e lavorato in Italia. L'originale in spagnolo può essere trovato qui.
LA MIA ITALIA TRISTE
Un paese che è stato la bandiera della libertà e della cultura è presieduto oggi da un politico che censura la informazione che non gli interessa. Che è successo all'Italia? perchè è così difficile riconoscerla per chi ne è innamorato?
Ho vissuto in Italia più di quanto abbia vissuto in Spagna: più di 50 anni. A questo paese, che riunisce il 36% del patrimonio artistico del pianeta secondo l'Unesco, devo molto umanamente e culturalmente. In Italia, dove ho fatti i miei studi, dove ho respirato per la prima volto l'aria pura della libertà - arrivato molto giovane dal paese della censura, delle condanne a morte arbitrarie, dei partiti politici inesistenti - mi dettero la cittadinanza per meriti culturali. In Italia votai per la prima volta nella mia vita. Avevo più di 40 anni. In Spagna non si votava, si viveva semplicemente nel terrore.
Ricorderò sempre quella mattina nella quale, finalmente, ho potuto inserire la mia scheda elettorale nel segreto di una urna. Il mio voto, mi dissero, valeva mille. Erano delle elezioni nelle quali gli italiani iniziavano a stancarsi della politica, demotivati a votare. La RAI mi intervistò chiedendomi che sentiva uno spagnolo che per la prima volta poteva votare.
Parlai della mia forte emozione e mi spinsi oltre, chiedendomi a quelli che pensavano di astenersi di andare a votare per rispettare la sofferenza di tutti quegli anni nei quali io non l'avevo potuto fare. Mi chiamarono dalla radio per dirmi che migliaia di persone, incluso alcune famiglie intere, volevano che io sapessi che erano andati a votare per me.
In Italia ho potuto pubblicare quello che sarebbe stato impossibile nel mio paese. Mi aprirono le porte le riviste ed i giornali. Ho avuto il privilegio di conoscere, frequentare ed intervistare i personaggi della letteratura e dell'arte che fecero grande in quel momento il paese di Dante e Leonardo. Personaggi come Fellini, Sciascia, Italo Calvino, Pasolini; stilisti come Valentino, Armani, Missoni: a grandi impresari come Agnelli o Pirelli; a magnifici editori come Einaudi o Feltrinelli arrivando fino a degni politici come Moro o Berlinguer o valenti giudici come Falcone, con il quale conversai mesi prima del suo assassinio. Durante il mio incontro con Falcone ci circondava un gran numero di poliziotti armati fino ai denti e con le sirene spiegati. “ E' tutto teatro. Quando la mafia deciderà di uccidermi, lo farà.” mi disse il magistrato salutandomi con un mezzo sorriso triste. Lo uccisero.
Era quella l'Italia che amavo appassionatamente e nella cui lingua scrissi i miei primi libri. Fin quando arrivò Silvio Berlusconi. L'ho visto atterrare a Palermo, capitale della Sicilia, cuore della Mafia, in elicottero, come un dio pagano. Erano le sue prime elezioni. Pochi credevano che quell'istrione, che mai aveva lavorato in politica, in un paese tanto politicizzato come l'Italia, avrebbe potuto vincere. Io pronosticai sul giornale la sua vittoria.Vidi quella mattina a Palermo quasi mezzo milione di persona sollevando le braccia verso quell'elicottero che portava il Salvatore.
La mafia siciliana aveva cambiato bandiera. Aveva appena abbandonato la potente Democrazia Cristiana, fino allora sua padrona, per offrire il rispetto ed i suoi voti all'impresario del quale dicevano avesse il potere magico di creare posti di lavoro dal nulla. L'Italia in quel giorno entrò nel tunnel della degenerazione. E io me ne tornai in Spagna.
Ora vedo, come in un incubo, che gli italiani, che mi hanno introdotto al piacere della libertà di informazione e di espressione, devono leggere El Pais per poter conoscere le oscenità commesse da loro Cavaliere. Dove è finita quell'Italia che il mondo amava e ammirava?
L'Italia mi difese quando uno dei Governi di Franco tento di processarmi per un articolo pubblicato sul comportamento della Chiesa Spagnolo durante la dittatura militare. Mi chiamarono a Madrid. Mi ricevette l'allora ministro Giròn. A casa sua. Mi raccontò che un ministro aveva portato il mio articolo al consiglio dei Ministri esigendo la mia testa. Franco si limitò alla fine del Consiglio a chiamare il ministro Giròn e gli disse: “ Che lascino andare questo ragazzo, altrimenti ne faranno un martire in Italia. Però chiamalo e diglielo.” Era chiaramente una avvertimento mafioso. Così era allora la Spagna, così è oggi, o quasi, l'Italia.
Nelle mie notti senza sonno mi domando come ha potuto compiersi questa metamorfosi. Come è arrivato a questo la mia triste Italia di oggi. Posso farmi solo alcune domande dopo la mia lunga esperenza italiana. Perchè vinse Berlusconi per la prima volta, quando già circolava un libro sulle illegalità commesse come impresario edilizio a Milano? Perchè i socialisti di Bettino Craxi, che morì in esilio, ricercato per corruzione, quando arrivarono al potere permisero a Berlusconi di creare il suo impero televisivo contro tutte le norme costituzionali. Che fecero, o che cosa non fecero i comunisti, eredi del severo e onorato Berlinguer, quando dopo 40 anni di inseguimento al potere lo gestirono tanto male che gli italiano tornarono a chiamare Berlusconi? Come furono ingannati gli italiani? Perchè perdettero così presto l'essenza di quello che era stato il Partito Comunista più grande d'Europa, che riuniva sotto le sue ali protettrici e proteggeva dalla mediocrità della destra tutta l' intelligenza, l'arte e la cultura del paese? Un partito, insisto, che aveva come lider un Berlinguer sempre timido e nascosto, figlio legittimo della austera Sardegna, pero retto, degno e tanto amato che il giorno della morte si paralizzò la città di Roma e due milioni di persone se riversarono nelle strade come se la nazionale di calcio avesse vinto un mondiale.
A quei tempi ero un critico molto severo dell'allora potente Democrazia Cristiana, che era al potere da più di 40 anni e che si spense schiacciata dagli scandali della corruzione. Oggi, a tanti anni di distanza, devo riconoscere che quello che venne in seguito è peggio. E' alla vista di tutti. La Democrazia Cristiana, profondamente conservatrice, aveva tuttavia un profondo rispetto per la libertà d'espressione dei giornalisti. Conservo alcune lettere scritte con la calligrafia grande di Fanfani o quella minuta di Andreotti, entrambi più volte presidenti del consiglio. Ogni volta che scrivevo un articolo critico contro l'uno e contro l'altro, arrivava al mio ufficio a Roma un postino portandomi una di queste lettere, nelle quali mi ringraziavano di aver scritto su di loro.
Quando la Spagna stava per entrare nella Unione Europea, il ministro degli Esteri Italiano era Andreotti. Nell'ambasciata italiana a Madrid qualcuno più papista del Papa decise di fare uno studio sui miei articoli, concludendo che ero eccessivamente critico con i politici italiani. Chiamarono l'ambasciatore Spagnolo a Roma e, con evidente timbro mafioso, gli ricordarono che l'Italia era fondamentale affinchè la Spagna entri nella Comunità Europea e che i miei articoli non erano “apprezzati”.
La notizia arrivò a Andreotti, che ignorava il fatto. Quella mattina mi chiamò per offrirmi un intervista. Mi ricevette con le braccia aperta. Non si parlò dello scandalo suscitato dalla ambasciata italiana a Madrid. Mi raccontò aneddoti inediti sul suo rapporto con l'allora papa Giovanni Paolo II. Mi disse che il papa lo invitava a volte a mangiare o a cenare con lui e addirittura ad assistere alla messa nella sua cappella privata. Prima di salutarmi mi autografò un libro con queste parole. “ Al mio caro collega giornalista Juan Arias, con amicizia”. Andreotti si vantava sempre di essere giornalista di professione. Alla porta mi disse: “ La Spagna sarà molto importante nella comunità europea. Io la appoggerò.” Lo fece.
Andreotti, tuttavia, era solito dire che ai politici spagnoli mancava “finezza”. Tristemente, a chi manca oggi finezza è a tanti politici italiani, iniziando dal suo presidente e della sua corte faraonica, che hanno orrore e panico dell'informazione libera.
Forse non è vero che agli italiani piaccia tanto Berlusconi, - per lo meno agli italiani che conosco – forse il problema è che neanche gli piacciono gli altri politici. A questi altri io ho dato il primo voto della mia vita. Cosa triste, come direbbe Saramago.